Quale città assicura una buona qualità di vita?

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Difficile stabilirlo. Entrano in gioco molte variabili. Sono decisivi: la collaborazione tra politica europea e locale e progetti a lungo termine

L’Agenzia ambientale europea (Enviromental european agency) ha pubblicato un Rapporto sulla qualità della vita nelle città europee, con lo scopo di districare molti degli apparenti paradossi dello sviluppo urbano di oggi, e di definirne un tipo di progresso più sostenibile.

Il concetto di qualità della vita comprende solitamente obiettivi ed indicatori sociali a lungo termine, talvolta in contrasto con quelli più specifici e a breve termine, che guidano maggiormente la creazione delle politiche.

Il rapporto evidenzia le connessioni tra le diverse dimensioni della qualità della vita, dagli aspetti più evidenti, come l’importanza degli spazi verdi per la popolazione, a quelli meno evidenti, come il modo in cui le scelte individuali per la propria abitazione producano impatti ambientali che affliggono la qualità della vita.

Circa i tre quarti dei cittadini europei vive nelle città ed esistono più di 16.000 aree urbane, ognuna con più di 50.000 abitanti. È attesa inoltre una crescita della popolazione che spingerà ad una estensione delle periferie urbane.

Le politiche che hanno come obiettivo risolvere specifici problemi immediati, rischiano di causarne altri a lungo termine. Ad esempio, concentrarsi sulla creazione di lavoro e sullo sviluppo dei trasporti, può avere conseguenze negative su altri aspetti, in particolare l’ambiente.

È difficile stabilire una serie di parametri validi ed imparziali per definire il concetto di «qualità della vita».

Per esempio, nel giugno 2008 il quotidiano danese «Copenhagen Post» ha pubblicato un articolo dal titolo «Copenhagen la miglior città in cui vivere», a seguito dell’inchiesta sulla qualità della vita condotta dal magazine britannico «Monocle», che aveva stilato una classifica di 25 città ordinate in base alla vivibilità delle stesse. Lo stesso quotidiano di Copenhagen non esitò a definire assurdo il risultato di questa inchiesta, per quanto la capitale danese fosse senza alcun dubbio una bellissima città.

Anche la cultura di un paese gioca un ruolo fondamentale in quest’analisi: uno spazio vitale di 40 metri quadri per persona può essere considerato un lusso in alcuni paesi, o appena il minimo indispensabile in altri.

Caratteristiche come la densità della popolazione o l’estensione delle aree pedonali, sono fattori misurabili per definire le aree urbane, dalle quali si sprigiona l’effetto «isola di calore».

Edifici ben progettati, spazi pubblici in ambienti ben pianificati possono costituire attrattive nelle quali far prosperare società sane, pulite, efficienti energeticamente a lungo termine.

Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) la pianificazione urbana è un’importante determinante per la salute e per lo sviluppo economico.

La sicurezza e lo stato socio-economico di un’area sembrano giocare un ruolo chiave nel determinare la qualità della vita. Studi in otto città europee dimostrano che i residenti in aree con un gran numero di graffiti, immondizia ed escrementi di cani, sono il 50% meno fisicamente attivi: hanno il doppio delle possibilità di essere in sovrappeso, rispetto ai residenti di aree meno degradate.

Un vicinato sicuro incoraggia le persone a camminare, andare in bicicletta, e socializzare all’aperto.

Il facile accesso alle aree verdi permette inoltre di migliorare la qualità dell’aria e di ridurre lo stress.

La figura 1.4 mostra il livello di soddisfazione dei cittadini di 25 città europee in relazione alle aree verdi della propria città.

Il livello di inquinamento atmosferico ed acustico è alla base di numerose patologie a carico del cuore.

In Germania, approssimativamente il 3% degli infarti acuti al miocardio sono attribuiti al rumore del traffico.

La presenza di percorsi ciclabili e pedonali è sia quantitativamente che qualitativamente importante.

La figura 1.5 illustra le differenze maggiori che intercorrono tra le città europee, da un minimo di circa l’1% di persone che si recano a lavoro in bicicletta, ad un massimo del 36% nella città di Copenhagen.

La qualità dei trasporti pubblici spiega solo parzialmente questi dati. A concorrere sono anche la struttura della città, la sicurezza e la geografia del luogo.

Il cambiamento climatico è la nuova sfida che le città europee devono vincere per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini.

Alte densità di popolazione significa che le città sono altamente influenzate dai problemi associati al cambiamento climatico.

Le ondate di calore nelle città generano gravi disagi ai gruppi di cittadini più vulnerabili, in particolare anziani e bambini.

È  stato stimato che nel 2003, l’ondata di calore ha generato più di 52.000 morti premature in tutta Europa.

Le città stanno finalmente dimostrando una maggior capacità di comprendere il ruolo significativo che possono recitare non solo nell’attuazione dei regolamenti europei, ma anche in più ampie iniziative per assicurare la sostenibilità nelle aree urbane. Queste iniziative comprendono la partecipazione ai processi dell’Agenda 21, e il supporto agli «Impegni di Aalborg».

L’impatto climatico che affliggerà in maniera sempre maggiore le città richiede l’utilizzo di soluzioni innovative, e il ripensamento della gestione e del design urbano.

In cima alla lista delle misure necessarie a limitare questo impatto, vi è un notevole taglio alle emissioni di gas serra, al fine di stabilizzare l’aumento della temperatura sotto i 2°C sopra al livello pre-industriale. Sopra questa soglia, i rischi per la salute si fanno immediati.

Alle città è anche richiesto di migliorare l’efficienza energetica, e di fare passi avanti per l’uso di fonti rinnovabili, campo dal quale purtroppo arrivano le risposte più esigue.

I pericoli per le città variano notevolmente da luogo a luogo.

Il rischio di inondazioni per le città costiere è alto, e sono previsti innalzamenti tra i 18 e i 59 cm fino al 2100.

La siccità e le ondate di caldo torrido riguardano il sud Europa, ma anche città come Parigi, colpita da ondate di calore già negli scorsi anni.

Il cambiamento climatico porterà all’aggravamento delle differenze sociali, con le classi più povere costrette a vivere in aree climaticamente meno ospitali, e all’esasperazione di altri problemi «urbani», come la qualità dell’aria e la scarsità delle risorse idriche.

Investire adesso in misure positive aiuterà ad evitare enormi spese in futuro. Alcune città hanno già intravisto una buona opportunità per creare un futuro migliore: una miglior pianificazione urbana creerà nuove opportunità di lavoro migliorando il mercato delle nuove tecnologie e delle architetture ecologiche.

La chiave per far fronte a questi problemi è:

– l’adozione di soluzioni innovative per ridurre i rischi della salute, e garantire le infrastrutture essenziali, la disponibilità di energia, trasporti e risorse idriche.

Molte soluzioni sono già a portata di mano, come la pianificazione delle nuove aree urbane fuori da pianure costiere o fluviali, e qualora questo non fosse possibile, la costruzione mediante l’utilizzo di design alternativi, come edifici rialzati da terra.

– Un’altra soluzione è l’utilizzo di sistemi di ventilazione passivi o altamente efficienti, come sistemi di creazione d’ombra per le pareti esterne. La pianificazione della gestione dell’acqua, farà sì che il suo utilizzo rimanga nei limiti della sostenibilità, mentre la creazione di città più verdi, con parchi, mura e tetti con vegetazione, è l’ideale per procurare refrigerio e benessere.

Solo in un numero esiguo di città si stanno sviluppando soluzioni di questo tipo per far fronte a questa sfida, e la loro attuazione è spesso limitata a progetti su bassa scala.

Responsabilità condivise e prospettive a lungo termine sono dunque necessarie per assicurare la qualità della vita per tutti. Questo approccio deve essere condiviso attraverso tutti i livelli della politica.

Una partnership integrata porta numerosi benefici: le città traggono il supporto dalla politica Europea, e l’Europa assicura la complementarietà delle azioni locali garantendo una piena rappresentanza delle aree regionali nelle operazioni di decisione delle strategie.

Sta agli attori politici di ogni livello di governo lavorare insieme per colmare la distanza nel campo delle conoscenze e della gestione, attraverso un approccio creativo e cooperativo.

(Fonte Arpat)

(La foto è di Stefania Petraccone)