Il ritrovamento del relitto a Cetraro

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L’importante ritrovamento del relitto affondato a largo di Cetraro (Cosenza) avvenuto sabato scorso è solo la punta di un iceberg di altre navi «dei veleni» affondate sui fondali del Mediterraneo, volontariamente, per smaltire in modo rapido e illegale rifiuti tossici e radioattivi.

Si spera che questo rinvenimento permetta di riaprire le inchieste chiuse, forse troppo frettolosamente, e le indagini mai correttamente approfondite su una pratica assai diffusa che ha visto, tra gli anni Ottanta e Novanta, circa 40 navi affondare misteriosamente nei punti più profondi del Mediterraneo, mettendo a rischio la salute dei cittadini e il delicato ecosistema mediterraneo.

L’Associazione chiede l’intervento dello Stato, affinché sia assicurato il massimo impegno delle istituzioni, della magistratura, per il raggiungimento della verità, per la complessità delle azioni da attuare per il recupero dei fusti dalla nave individuata e, soprattutto per avviare una grande campagna di monitoraggio sugli altri siti sospetti, in particolare lungo le coste lucane e calabresi, e misure serie ed immediate a tutela del diritto di sapere dei cittadini e per scongiurare che nel futuro fatti come questi tornino a verificarsi.

E inoltre «che vengano riaperte le inchieste per perseguire i responsabili e monitorare il pericolo di contaminazione delle acque responsabili di patologie gravi per l’uomo e danni enormi all’ecosistema. Si deve rilanciare la richiesta e l’impegno affinché si giunga quanto prima alla verità sulle tante vicende legate ai rifiuti radioattivi, caratterizzato da connivenze e reticenze a vari livelli e anche morti misteriose».

Utilizzando le tecnologie già disponibili occorre in seguito recuperare tutti i relitti con i relativi carichi di veleni e procedere all’immediata bonifica.