I giorni che portano alle decisioni post Kyoto, sono ancora bui. Tante voci e poca chiarezza da esperti e istituzioni
Mancano poco più di due mesi alla conferenza sul clima di Copenhagen ma c’è ancora chi la pensa diversamente. Tante opinioni, diversi confronti e più punti di vista. Il convegno «Verso Copenhagen: come cambia il clima», tenutosi lunedì nella sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma ne è un esempio lampante. Il faccia a faccia tra accademici, esperti, e istituzioni che anticipa le tematiche che saranno affrontate a dicembre alla conferenza Onu su riscaldamento globale, emissioni di gas serra e utilizzo di fonti energetiche alternative e rinnovabili, sembra alimentare più dubbi che certezze. Nucleare si, nucleare no? I cambiamenti climatici sono una bufala? A quanto pare non tutti la pensano allo stesso modo.
Per lo scienziato e fisico italiano Antonio Zichichi, l’incidenza delle attività umane sui cambiamenti climatici è pari solo al 10%, mentre il restante 90% è dovuto ad eventi naturali. Zichichi sostiene inoltre che la comunità scientifica sta sprecando «enormi risorse nell’illusione di affrontare e risolvere problemi che spesso devono ancora essere capiti».
Stessa vena non allarmistica per Carlo Ripa di Meana, presidente dell’associazione Italia Nostra, e per Franco Battaglia, docente della facoltà di Bioscienze e Biotecnologie dell’Università di Modena, il quale puntualizza sul possibile danno che deriverebbe della riduzione di emissioni di CO2, considerando quest’ultimo nutrimento fondamentale per molte piante. Il danno, inoltre, secondo Battaglia, avrebbe una forte ripercussione anche sulle attività industriali, un’ipotesi davvero catastrofica nel periodo di recessione globale in cui viviamo. La soluzione? Il nucleare, prima fonte di energia elettrica in Europa.
Per Franco Prodi, dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr facendo una carrellata veloce a ritroso nel tempo sul clima del Pianeta è possibile notare che l’andamento della temperatura dell’aria al suolo, mostra un aumento di circa sette decimi di grado per secolo, con accentuazione negli ultimi decenni. «Andando più indietro nel tempo, – spiega Prodi – ci troviamo subito privi delle misure fisiche e bisogna ricorrere a tanti indizi diversi: i documenti storici, gli anelli degli alberi, i sedimenti marini e lacustri, i carotaggi dei ghiacci antartici, ed a tutto l’armamentario della paleoclimatologia, ottenendone indicazioni sempre più incerte, come è ovvio, ma sulle quali c’è una certa concordanza fra gli scienziati specialisti».
È naturale volere dare una causa, o più cause, a queste oscillazioni naturali secondo il fisico e si possono individuare descrivendo il sistema nei suoi due attori principali: il sole e la terra, esemplificati con una lampada e una palla.
«Nel vuoto i due si scambiano radiazione elettromagnetica. La lampada emette radiazione elettromagnetica centrata nel visibile, la palla emette radiazione infrarossa; non la vediamo ma è altrettanto reale come lo è il calore che sentiamo se avviciniamo la mano ad un ferro da stiro acceso. Il problema però si complica assai perché la palla è avvolta da un involucro gassoso l’atmosfera appunto, che si comporta in modo selettivo per la radiazione che l’attraversa, assai benevola per la luce solare visibile che lascia passare quasi tutta e molto fiscale per quella infrarossa che dalla terra va verso lo spazio esterno, trattenendola con un va e vieni che ha come effetto i riscaldamento dell’atmosfera stessa (effetto serra)».
L’uomo industriale, per dirla tutta, interagisce col clima del pianeta in modo diretto, sul bilancio di radiazione, ed in modo indiretto, cambiando le caratteristiche delle nubi. Ma questo effetto si esercita da due secoli circa, che secondo Prodi è solo «un battito di ciglia rispetto ai periodi di cicli climatici naturali. Di qui la difficoltà di separare correttamente il contributo dell’uomo da quella della natura nel variare il clima».
Decisamente più consapevoli il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e il sindaco di Roma Gianni Alemanno i quali hanno ricordato gli impegni fissati al G8 riguardo alle emissioni e al contenimento dell’aumento della temperatura. «Siamo tornati da New York con la percezione che qualcosa si stia muovendo» ha spiegato la Prestigiacomo, la quale ha sottolineato la volontà di assumere impegni per lo sviluppo sostenibile.
Il Ministro ha poi riferito come a Copenhagen tutte le nazioni avranno un ruolo fondamentale: «potrà essere una pietra miliare nel percorso verso una migliore sostenibilità ambientale dello sviluppo».
Ma non è tutto così semplice come sembra. La Prestigiacomo ha infatti fatto presente come la strada da percorrere sia ancora ardua, riferendosi anche alle posizioni non ancora ben definite di Paesi come India, Brasile e Messico sul fronte dello sviluppo sostenibile.
Il primo cittadino capitolino ha invece affermato come occorra una vera e propria rivolta morale per un maggior rispetto delle regole ambientali. «Penso che Roma e l’Italia possano giocare un ruolo importante» ha detto Alemanno sottolineando come ci sia un’alleanza tra la Capitale e il governo nazionale: «la strada da percorrere è quella di una città ecosostenibile in grado di dare risposte ai cittadini per una migliore qualità del vivere – ha spiegato il Sindaco – il quale ha aggiunto «bisogna spostare l’attenzione alla produzione e al consumo, all’interno naturalmente di uno spazio normativo e culturale per ridurre la produzione di rifiuti. Bisogna anche fare in modo che le merci siano rispettose dell’ambiente. Problematiche che devono entrare nella coscienza delle persone».