Qualità ambientale – L’ecosistema urbano come punto di riferimento

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Sono state monitorate 103 città capoluogo esaminate tramite 27 indicatori ambientali. L’Italia risulta essere più tartaruga che lepre

Si è svolto lunedì, presso il Palazzo Rospigliosi a Roma, la XVI edizione di «Ecosistema Urbano», convegno organizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e il Sole 24 ore. Si è parlato degli  Ecosistemi urbani, diventati unico punto di riferimento per la valutazione della qualità ambientale della città e di come le stesse città stanno affrontando la sfida del clima. Legambiente è infatti da sedici anni impegnata nel monitorare 103 comuni italiani capoluogo di provincia esaminati tramite indicatori locali fissati; lo scopo è quello di creare spunti di discussione e definire le strategie più efficaci per migliorare la sostenibilità nelle città. I 27 indicatori di qualità ambientale sono inseriti in 3 macro-classi.

– Indicatori di pressione, che misurano il carico generato sull’ambiente dalle varie attività umane (produzione di rifiuti solidi urbani, consumi elettrici e carburanti, consumi di acqua potabile, ecc),

– indicatori di stato, che misurano la qualità dell’ambiente fisico (smog, verde urbano, ecc.) e

– indicatori di risposta, che infine misurano le risposte che l’amministrazione pubblica sceglie per fronteggiare le varie lavorazioni (raccolta differenziata, trasporto pubblico, indice mobilità sostenibile, presenza di piste ciclabili, gestione ambientale nelle imprese e nella pubblica amministrazione, ecc).

I risultati del XVI Rapporto sulla qualità ambientale dei comuni capoluogo di provincia definisce l’Italia più tartaruga che lepre, più cicala che formica, più elefante che gazzella, evidenziando un notevole rallentamento delle politiche ambientali urbane rivelando una scarsa attenzione da parte delle amministrazioni locali a investire in pratiche sostenibili non valutando anche le opportunità economiche che vengono stanziate per apprezzare una più lungimirante e attenta gestione dei rifiuti, della mobilità, dell’energia.

Un plauso va fatto alle città «lepri», quali Vebania e Novara, che primeggiano per percentuali di raccolta differenziata superiori al 70%; un pò dietro in classifica troviamo poi anche Asti, Belluno, Rovigo, Gorizia, Lecco, Trento, Bergamo, Treviso, Alessandria, Biella che mantengono comunque percentuali di raccolta differenziata superiori al 50%.

Tra le città «formica», città che nel tempo hanno costruito zone a traffico limitato importanti, hanno sviluppato buona mobilità ciclabile e reso il servizio pubblico di trasporto, servizio efficiente abbiamo Siena seguita da Mantova, Pisa, Verbania e Firenze. Merita citazione in questo gruppo Bari, che pur non raggiungendo i tenori dei suddetti comuni è pur sempre l’unica città meridionale ad aver dato lustro allo spostamento a pedali.

Tra le città «gazzella», impegnate cioè nel promuovere energie alternative quali solare, termico, fotovoltaico, abbiamo: Siena, Cremona, Terni, Rimini, Livorno.

Ma arriviamo alle note dolenti che evidenziano la faccia dell’Italia poco attenta all’ambiente; queste città «tartarughe», «cicala», «elefanti» sono concentrate nel sud Italia.

In Sicilia (Messina, Catania, Palermo e Enna) abbiamo la concentrazione massima delle città «tartaruga»,dove si raccoglie in maniera differenziata solo 1/10 di quello che si dovrebbe raccogliere.

Nel gruppo «cicala» ne fanno da padrone città come Vibo Valentia, Crotone e Latina, città che cantano prodigiosi interventi antitraffico e hanno valori di trasporto pubblico praticamente nulli; infine, ma di questi non viene accostato un elenco esemplificativo in quanto lo stesso sarebbe troppo corposo, abbiamo le città «elefante» legate in maniera radicata alle fonti fossili.

Il quadro che ne deriva non è positivo, la strada da percorrere è lunga e frastagliata, molti sono gli sforzi da intraprendere ma importante è l’idea che bisogna pensare di cambiare le abitudini in noi radicate, abitudini legate all’idea di sfruttamento dell’ambiente per un raggiungimento veloce e meno oneroso degli obiettivi. Ora è il momento di dare una svolta e pensare che bisogna convivere con l’ambiente traendo dallo stesso, in maniera naturale, le energie necessarie per la vita oltre che pratiche e azioni ecocompatibili.

(La foto è di Stefania Petraccone)