Si sono assottigliati i vantaggi dovuti ai miglioramenti di efficienza seguiti alla crisi petrolifera del 1973, infatti, non si registrano miglioramenti del livello di intensità energetica finale dal 1986
L’indagine condotta dagli Amici della Terra sul posizionamento dell’Italia negli indicatori su energia e clima evidenzia che il nostro paese è in grave ritardo nel rispetto degli obiettivi della politica climatica europea, sia con riferimento a quelli di Kyoto per il periodo 2008-2012, sia in relazione agli obiettivi nazionali al 2020 impliciti del pacchetto energia e clima, appena approvato dall’Ue.
Tuttavia, emergono anche alcuni primati nel campo dell’efficienza energetica, che, spesso, il paese non conosce e, dunque, non valorizza in termini politici e di sistema. Si tratta, in generale, della rendita di posizione che deriva dai miglioramenti di efficienza seguiti alla crisi petrolifera del 1973, che si è assottigliata nel tempo (non si registrano miglioramenti del livello di intensità energetica finale dal 1986) ma che rappresenta anche un patrimonio di conoscenze, di tecnologie e di tradizioni di grande valore, su cui è possibile puntare con convinzione per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e per incrementare la competitività sui mercati globali dei nostri beni e servizi, opportunamente innovati. Lo dimostra il recente accordo strategico della Fiat negli Stati Uniti, reso possibile dalla sua posizione di primato europeo in termini di emissioni di CO2/km.
Dall’analisi più dettagliata della situazione attuale, emergono con chiarezza, accanto ad alcune eccellenze in termini di efficienza, come nel settore termoelettrico, i settori relativamente più arretrati che costituiscono la priorità d’intervento, come il riscaldamento del settore residenziale e i trasporti merci e passeggeri. In termini di potenziale di miglioramento, gli interventi di efficienza energetica economicamente convenienti con le tecnologie immediatamente utilizzabili riguardano tutti i settori di trasformazione e di uso finale dell’energia e, quindi, costituiscono un’area di investimento imprescindibile per uscire dalla crisi economica.
Fra le varie opzioni per la riduzione delle emissioni di CO2 (come le fonti rinnovabili, la cattura e il sequestro del carbonio, l’elettricità da nucleare, etc.), gli interventi di efficienza energetica sono fra i pochi a non avere costi sociali netti per tonnellata di CO2 ridotta, anzi generalmente essi presentano un vantaggio economico netto per la collettività.
La recente valutazione dell’Enea dei costi di abbattimento delle emissioni in Italia al 2020 evidenzia infatti che le uniche opzioni tecnologiche con benefici sociali netti o con costi minimi sono quelle riconducibili al miglioramento dell’efficienza energetica nell’industria, nel terziario, nel trasporto, nell’edilizia residenziale e nella produzione e trasmissione di elettricità, per un potenziale complessivo di riduzione delle emissioni di circa 60 Mt CO2 nel 2020 rispetto ad uno scenario tendenziale. L’apporto dell’efficienza energetica, quindi, è prioritario rispetto alle altre opzioni per il rispetto del nuovo impegno di riduzione delle emissioni di gas serra richiesto dall’Europa, riferito al 2020 (Italia -16,3% rispetto al 2005, equivalente al -4% rispetto al 1990).
Prendendo come riferimento il potenziale di risparmio energetico al 2020 nel solo settore dell’elettricità, si potrebbero evitare 73 TWh di energia elettrica, cioè il 21,6% dei consumi finali lordi del 2008 (337,6 TWh). Questo enorme potenziale di risparmio energetico al 2020 corrisponde alla produzione elettrica di circa 8 grandi centrali nucleari (da 1.300 MW, taglia ipotizzata dal nostro governo) mentre il potenziale di risparmio realizzabile a breve termine, con le misure vigenti, ammonta a 19 TWh (potenziale al 2012 col sistema dei certificati bianchi). Questo significa che l’efficienza energetica costituisce un’alternativa credibile all’energia nucleare o, almeno, che essa consente di operare scelte strategiche, quali che esse siano, in modo più consapevole e calibrato alle esigenze effettive del nostro paese.
Anche in tema di incentivi, è significativo il confronto fra i 320 milioni di euro di costi per lo stato (cui fanno fronte, in virtù dei risparmi annui ottenuti dagli utenti, benefici netti per 1,2 miliardi di euro) del principale meccanismo di promozione dell’efficienza energetica, i certificati bianchi, e gli oneri per gli utenti degli strumenti di incentivazione delle fonti rinnovabili, che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas prevede crescere dagli attuali 2,5 miliardi di euro fino a 6,5 miliardi nel 2020. Un confronto più pertinente può essere realizzato a parità di energia primaria: mentre i certificati bianchi comportano un beneficio netto di 555 euro/tep risparmiato, i certificati verdi dei grandi impianti alimentati con fonti rinnovabili comportano un onere stimabile sulla componente energia della bolletta di 474 euro/tep (energia elettrica incentivata, espressa in termini di energia primaria) e il conto energia per il fotovoltaico aumenta l’onere a 1925 euro/tep (ricadente in bolletta attraverso la componente A3).
Gli Amici della Terra chiedono la definizione di obiettivi ambiziosi di efficienza in ambito nazionale e regionale e in coerenza con essi, un’armonizzazione complessiva degli strumenti di incentivazione e penalizzazione (es. ETS) nei vari settori di produzione ed uso dell’energia. Soprattutto, in vista del summit di Copenhagen, chiedono al Governo di riconoscere le migliori caratteristiche del sistema Italia (tecnologiche, produttive e territoriali) facendo di un’efficienza spinta il punto di forza della strategia energetica nazionale e la proposta forte per risultati tempestivi nella lotta globale ai cambiamenti climatici.
(Fonte Amici della Terra)