Lo afferma il lavoro realizzato da Avanzi, Consorzio Metis e Trt, sul tema dei conflitti territoriali e le infrastrutture di trasporto
Il Libro bianco sul tema dei conflitti territoriali e le infrastrutture di trasporto parte da un presupposto: quello di riconoscere che i conflitti ambientali sono un fenomeno fisiologico e non patologico.
Il Libro bianco è stato promosso e coordinato da Avanzi (Idee, ricerche e progetti per la sostenibilità), centro di ricerca, consulenza e formazione che favorisce il cambiamento in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale; il Consorzio Metis del Politecnico di Milano che ha lo scopo di promuovere l’innovazione nel campo delle politiche e della progettazione urbana e ambientale e Trt (Trasporti e territorio) una società di consulenza specializzata in economia, pianificazione e modellistica dei trasporti.
Il documento propone di affrontare la crescente conflittualità contro le opere infrastrutturali a partire dall’analisi di tre grandi questioni.
Nella sintesi del rapporto si evidenzia come: «Le infrastrutture di trasporto, ancora di più di altri progetti con un significativo impatto sul territorio, creano opposizione locale e conflittualità. La conflittualità territoriale (che coinvolge proponenti, amministrazioni, società civile, attori economici) è oggi da molti considerata una delle principali cause del gap infrastrutturale in Italia.
Il caso delle infrastrutture è paradigmatico in quanto racchiude in sé tutti o quasi tutti gli elementi che la letteratura, gli analisti delle politiche e gli operatori considerano significativi nel generare conflittualità.
Il Libro Bianco individua alcune direzioni di lavoro a partire dal riconoscimento dei conflitti come fenomeno fisiologico, e propone alcune innovazioni nelle prassi e nelle regole che definiscono i processi decisionali legati alle infrastrutture di trasporto.
Le proposte del Libro Bianco sono indirizzate agli attori coinvolti nei processi decisionali e in particolare ai proponenti, agli amministratori pubblici, ai costruttori, ai gestori, ai finanziatori.
Vengono ovviamente chiamati in causa anche il legislatore e l’esecutivo che, attraverso leggi e regolamenti, hanno la possibilità di intervenire sul corpus normativo con alcune chiarificazioni, modifiche alle procedure ed emanazione di linee guida.
I conflitti territoriali sono essenzialmente conflitti per il possesso e l’uso di risorse scarse (quali ad esempio risorse economiche, ambientali, tempo, spazio, ecc.) Con questa connotazione è chiaro che i conflitti sono ineliminabili, e sarebbe velleitario immaginare e proporre misure che abbiano l’obiettivo di togliere voce agli attori.
I conflitti consentono anche di far emergere e valorizzare conoscenze diffuse che, se opportunamente integrate quando ancora l’opera è in progettazione, possono permettere di migliorare notevolmente la qualità dei progetti. Legittimare gli attori locali come interlocutori può quindi aiutare ad evitare che si arrivi ad una situazione di muro contro muro, che, come abbiamo visto negli ultimi decenni, può condurre alla paralisi del sistema.
Riconoscere (e valorizzare) i conflitti come fenomeno ineludibile e allo stesso tempo ricco vuol dire considerare i processi di inclusione come parte integrante dei processi decisionali legati alle infrastrutture di trasporto. È quindi inevitabile, come apparirà chiaro al lettore del Libro Bianco, trattare di conflitti discutendo di pianificazione (pianificazione regionale e nazionale, Piano Regolatore di Porti e Aeroporti), di progetto (preliminare, definitivo, esecutivo), di realizzazione e di esercizio delle opere.
Il superamento e la ricomposizione dei conflitti è un obiettivo condiviso anche in Italia da molti anni; i tentativi di innovazione, sia nelle singole pratiche sia in ambiti più ampi, si sono spesso scontrati con timori circa il rispetto dei tempi, con difficoltà operative sulla scelta degli attori e con interrogativi circa ruoli (attivatore, gestore, facilitatore, ecc.) e poteri di alcuni soggetti chiave.
Il Libro Bianco propone alcuni principi che appaiono come pre-requisiti per discutere di costruzione di decisioni condivise e di ricomposizione dei conflitti, che potrebbero entrare a pieno titolo nei processi decisionali che riguardano le infrastrutture:
- Fiducia. Occorre ristabilire un clima di fiducia sui progetti infrastrutturali. La scarsa fiducia riguarda gli attori (proponenti, pubblica amministrazione, comitati,rappresentanti di interessi locali, …) in un gioco di tutti contro tutti. Per rafforzare la fiducia è necessario limitare i conflitti d’interesse, rendere trasparenti i processi decisionali a partire dalla definizione di piani, programmi, sino ad arrivare ai progetti, effettuare valutazioni credibili e altro ancora. Senza fiducia il conflitto, anche quello con poco fondamento, è destinato ad esplodere.
- Negoziabilità e integrazione territoriale. La non negoziabilità delle opere è motivo di conflitto, di allungamento dei tempi, di spreco di risorse. Per favorire la negoziabilità, i progetti infrastrutturali devono diventare progetti territoriali, attraverso decisioni di tracciato, opere connesse, interventi sulla mobilità di cose e persone, mitigazione degli impatti ambientali e compensazioni ecologiche. L’integrazione scaturisce non solo da studi approfonditi, ma anche e soprattutto dall’interazione con attori locali, detentori spesso di conoscenze che altrimenti non sarebbero prese in considerazione.
- Rapidità, certezza ed efficacia. Qualsiasi proposta che permetta di ricomporre e valorizzare la conflittualità, ma che determini tempi di decisione incerti e lunghi è destinata ad essere respinta, sia dagli operatori che dal legislatore. Le soluzioni condivise, una volta individuate, devono essere stabili nel tempo e per questo, incardinate in accordi che prevedano diritti e doveri per i firmatari.
- Inclusione e rappresentatività. La prevenzione e ricomposizione dei conflitti richiede l’inclusione degli attori nei processi decisionali, con una forte attenzione al bilanciamento delle diverse istanze. Vanno chiarite le modalità del coinvolgimento degli attori, prevedendo delle regole di fondo cui proponenti, amministrazioni e oppositori possano fare riferimento. Devono partecipare gli attori che hanno un interesse legittimo, anche quelli maggiormente in opposizione rispetto al proponente e anche quelli non vocali e quelli che normalmente sono scarsamente rappresentati,come i futuri utenti e tax payers.
(Fonte Arpat)