Torna alla ribalta il gruppo Lince

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Sulla situazione italiana il Gruppo sta raccogliendo da molti anni documenti e testimonianze

Importanti novità per naturalisti, appassionati e ricercatori sono scaturite, al recente Festival Umbria Libri, dall’incontro del Gruppo Lince tenuto presso la Università per Stranieri di Perugia, in occasione della presentazione, a cura dei professori Carlo Belli e Franco Tassi, del volume «La Lince appenninica», presente il giovane autore Francesco Mossolin.

Sono state esaminate le più recenti informazioni raccolte sulla Lince appenninica, ma anche le più salienti segnalazioni provenienti da varie parti d’Europa. Sulla situazione italiana il Gruppo Lince sta raccogliendo da molti anni documenti e testimonianze, in parte con importanti risultati esposti nel libro, e in parte con significativi elementi che verranno illustrati in seguito: notizie aggiornate sugli Stati europei saranno invece anticipate di volta in volta. Contrariamente a quanto sembrano ritenere molti studiosi, infatti, la presenza attuale della Lince nel nostro continente risulta ancora, non solo in Italia, costellata di molti dubbi e incertezze.

Basterebbe considerare la Bulgaria, dove sulla Lince, da tempo cancellata dagli elenchi ufficiali dei Mammiferi, affiorano non di rado sporadiche segnalazioni dalle più remote catene montuose. Mentre in Grecia sono state raccolte testimonianze attendibili non solo dalle zone più settentrionali (Pindo, Voras, Olimpo e Rodòpi) ma anche dalle regioni più meridionali e persino dal Peloponneso. E cioè da luoghi dove la presenza attuale del Felino potrebbe, come spesso avviene nel nostro Appennino, apparire incredibile a quanti non conoscano la natura aspra e selvaggia delle catene settentrionali di Morea (Erimànto, Chelmos, Cillene): eppure corrisponde esattamente a quanto veniva già riportato nello studio sulla fauna di Grecia risalente al 1878 di Theodor von Heldreich (lo stesso studioso al quale nel 1863 era stato dedicato il Pinus heldreichi, vale a dire il Pino loricato dei Balcani). Non meno vaga, e quindi da approfondire, la situazione della Lince in Francia, dove le segnalazioni, soprattutto dai Pirenei, si sono moltiplicate negli ultimi anni. E altrettanto può dirsi del Belgio, dato che la ricomparsa della Lince nelle Ardenne sembra già da qualche anno accettata come solida realtà.

Attuale situazione della Lince in Austria

Ci sembra interessante riportare sinteticamente le principali notizie fornite dal Gruppo Lince della Sezione Austria, dove ufficialmente la Lince veniva data da molti anni per estinta, ma ora la situazione sembra decisamente cambiata. Segnalazioni di avvistamenti erano pervenute in passato da varie zone, ma generalmente non venivano considerate molto attendibili. Si ha ragione di ritenere invece che alcuni piccoli nuclei isolati del Felino sopravvivessero nelle zone più remote dell’Austria, per metà ricoperta di boschi e particolarmente ricca di Caprioli e Cervi: dalle Karavanche alle Alpi, incluse le zone di Gesäuse, Thaya e Kalkalpen oggi Parchi Nazionali. D’altro canto la stretta vicinanza a Stati dove la Lince non solo è presente in buon numero, ma risulta addirittura in espansione (Slovacchia, Slovenia, Svizzera e Repubblica Ceca) fa ritenere possibile e non infrequente lo spostamento di individui da un territorio all’altro. Si hanno inoltre notizie attendibili di alcune reintroduzioni clandestine avvenute in passato, anche se non se ne conoscono i successivi sviluppi.

Verso la fine degli anni Novanta avvistamenti più insistenti si sono registrati nell’Alta Austria, ma l’attendibilità degli articoli giornalistici è stata messa in dubbio a causa di una illustrazione errata, che raffigurava non la Lince, ma il Caracal (nella foto del titolo). Tuttavia, senza scoraggiarsi e desistere, nelle Kalkalpen è stata intrapresa, con adeguati mezzi e capacità. una specifica indagine. Erano stati rinvenuti resti di Cervi, certamente vittime di predazione ad opera della Lince: sono state allora collocate, in ben individuati punti di passaggio obbligato, macchine fotografiche all’infrarosso munite di cellula fotoelettrica, raccogliendo con tenacia e costanza numerose immagini, che in primo luogo avevano ripreso soprattutto Cervi di varie età di passaggio nella zona. All’inizio del Terzo Millennio sono finalmente pervenute le attesissime conferme: una Lince è stata ripresa il 30 Marzo 2000, e più tardi una seconda immagine è stata raccolta il 9 Aprile 2001. Altre ne sono seguite, e dall’accurato raffronto basato soprattutto sulla maculazione della pelliccia si è ricavata la certezza che fossero presenti almeno due esemplari: ulteriori indagini successive lo hanno del resto ampiamente confermato.

Il caso dell’Austria offre un illuminante esempio di indagine criptozoologica: alla breve segnalazione giornalistica non priva di macroscopiche inesattezze la zoologia ufficiale avrebbe dato scarso o nullo credito, ma approfondendo la ricerca si è invece accertato che nella sostanza quella notizia era tutt’altro che inganno o fantasticheria. Questo dimostra che, al contrario da ciò che certi ambienti accademici vorrebbero far ritenere, fra zoologia e criptozoologia non vi è affatto un contrasto insanabile: ma si riscontra piuttosto una chiara complementarietà, perché la seconda continua ad operare, là dove la prima non di rado si arresta.

La Lince appenninica

L’ipotesi che nuclei residuali di Linci autoctone abbiano potuto sopravvivere nei recessi più remoti dell’Appennino, con comportamenti criptici e quindi quasi del tutto ignorate dalla scarsa cultura biologica, venatoria e naturalistica del secolo scorso, venne da me avanzata fin dal lontano anno 1969: ed è stata poi corroborata da una serie di indagini storiche e prove circostanziali raccolte sul campo. Questi limitati popolamenti di Lince, oggi in lenta riespansione, appartengono a una forma meridionale più piccola, snella e maculata, con pelliccia assai meno folta, che abbiamo ritenuto dover denominare Lince mediterranea, per distinguerla chiaramente dalla Lince nordica, nota come Lince eurasiatica.

Sulla base di queste considerazioni, e dei numerosi dati concordanti raccolti per lunghi anni da diversi osservatori su esemplari viventi, o su resti di varia origine e provenienza, dopo adeguati approfondimenti con illustri specialisti e sistematici stranieri, era stata messa a fuoco e sommariamente individuata la possibile sottospecie autoctona della penisola italiana (Appennino centro-meridionale e Sicilia?), denominandola apennina (Tassi 1999-2009), e dandone notizia in varie occasioni, compresi incontri e convegni anche internazionali. Di conseguenza si era passati da una denominazione a scopo di mera priorità, con schematica definizione in litteris mediante un semplice nomen nudum, a una più ampia descrizione e illustrazione, confermate non solo dai ripetuti avvistamenti da parte di più osservatori competenti e credibili, ma anche da sicuri elementi materiali: quali impronte, peli, escrementi, graffi di unghie sui tronchi, predazioni, richiami invernali registrati, riprese fotografiche e cinematografiche e via dicendo. Tale lavoro era stato intensificato dopo il Seminario internazionale «Il ritorno del Lupo cerviero», organizzato nel 1991 al Parco Nazionale d’Abruzzo, grazie alla costituzione nel 1993 di un attivo e competente Gruppo Lince Italia, e al successivo temporaneo coinvolgimento di esperti italiani e stranieri di altissimo livello.

Purtroppo, all’inizio del 1992, l’attività del Gruppo Lince al Parco Nazionale d’Abruzzo ha incontrato impreviste difficoltà, e buona parte del cospicuo materiale raccolto non solo non ha potuto essere studiata a fondo, ma risulta al momento attuale irreperibile. Tra la documentazione oggi non disponibile, di cui si sta tentando il recupero, figurano anche le bozze di descrizione di questa nuova sottospecie di Lince europea, la Lince appenninica (Lynx lynx apennina), omologa della forma vivente nella Penisola balcanica meridionale (Lynx lynx martinoi), non troppo dissimile da altre forme eurasiatiche dei territori meridionali del Caucaso e dei Carpazi (Lynx lynx carpathica), e affine per certi caratteri alla Lince pardina (Lynx pardina) endemica della Penisola Iberica. Ad ogni modo, anche se la sua carta di identità dovrà ancora essere perfezionata, la Lince appenninica ha ormai un nome e una fisionomia, e non potrà sfuggire alle ulteriori indagini da condurre, con attenzione e tenacia, nel suo territorio. (F. T.)