I precari Ispra sul tetto

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Protestano contro l’annuncio di altri 150 licenziamenti ed intendono restare lì fino alla risoluzione positiva della vertenza. Rischia di essere azzerata la ricerca marina

Stamattina i lavoratori precari dell’Ispra sono saliti sul tetto della sede di via Casalotti dell’Istituto, per occuparla contro l’annuncio di altri 150 licenziamenti, dopo i 250 che si sono già verificati tra gennaio e giugno 2009. In assenza di risposte si preparano ad affrontare la notte.

L’amministrazione nominata dal ministro vigilante, la titolare dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, per tutta risposta ha chiamato le forze dell’ordine.

I precari, appoggiati dal sindacato di base Usi RdB Ricerca, chiedono di salvare il loro posto di lavoro e riaprire un dialogo con il prefetto Vincenzo Grimaldi, commissario straordinario dell’Istituto, oltre che con il Ministro, che da quando è stata nominata ha sempre rifiutato di incontrarli.

Non solo, ma in un improvvido intervento si appropriò di una stabilizzazione non sua.

«I lavoratori precari dell’Ispra sono ormai alla disperazione perchè – spiega Claudio Argentini della Segreteria Nazionale Usi RdB Ricerca – oltre a perdere il lavoro, a cui hanno dedicato molti anni della loro vita, spesso con salari da fame, il Ministro e la struttura commissariale che gestisce l’Ente stanno azzerando completamente la ricerca dedicata al mare».

La ricerca marina ed una serie di controlli ambientali rischiano, quindi, di saltare in Italia, né l’aver accorpato enti differenti come Apat, Icram e Infs con l’inserimento da parte del Governo di un emendamento al decreto legge sull’emergenza rifiuti, pressati (ufficialmente) dal bisogno di semplificazione degli Enti, si è rivelata una mossa giusta.

In pratica sono stati messi a rischio centinaia di posti di lavoro nell’agenzia governativa che esegue i controlli ambientali. L’ex Apat con circa 1.100 dipendenti, di cui oltre 400 precari, quasi il 50% di tutta la pianta organica, che di fatto svolge il 90% delle attività. E solo per un eufemismo, quindi, che si chiamano precari.