Wto – «Dare un taglio» alle liberalizzazioni

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… ma anche alle emissioni climalteranti. È ciò che chiedono le Arci, Fair e Legambiente. Sono necessarie nuove regole anticrisi ma a Ginevra si continua con la ricetta delle liberalizzazioni

Inizia oggi pomeriggio a Ginevra la Settima ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto – World trade organization). Arci, l’organizzazione equosolidale Fair e Legambiente lanciano, in quest’occasione, un appello in cui chiedono di «dare un taglio» alle liberalizzazioni, ma anche alle emissioni climalteranti, visto che a ridosso dei negoziati della Wto si aprirà a Copenhagen l’altra grande partita sul futuro del pianeta legata ai cambiamenti climatici.

Questo è un vertice diverso dai precedenti, perché arriva in piena crisi economica, finanziaria, sociale ed ambientale. Eppure, mentre nelle riunioni di G8 e G20 i leader globali fanno a gara per mettere faccia e firme sotto proposte di ri-regolazione di borse e mercati finanziari, ai negoziati Wto non si presentano.

Affidano alle discrete mani dei loro ministri al commercio, nella defilata cornice di Ginevra, la missione di chiudere un nuovo pacchetto di liberalizzazioni che, lungi dal ristabilire un riequilibrio Nord-Sud, come denunciano anche i leader dei Paesi in via di sviluppo, rischia di rafforzare il predominio di pochi interessi forti, a Nord come a Sud, a spese dei diritti di tutti gli altri.

«La Wto si è arenata da anni nell’esame di 17 diversi trattati, un pugno dei quali si occupa davvero di barriere doganali, tariffe e protezionismo – spiega da Ginevra Alberto Zoratti di Fair – mentre la maggior parte cerca di limitare la capacità degli Stati di sostenere le produzioni «pulite» e i piccoli e medi produttori agricoli e manifatturieri, di vietare la costruzione di fondi nazionali di stimolo alla ripresa, che aiutino le imprese e i lavoratori del proprio Paese, di fissare parametri di gestione dei servizi pubblici perché siano prevalentemente in mano ai privati senza che i Parlamenti nazionali possano dire niente al riguardo».

L’ultima crisi economico finanziaria ha dimostrato l’insostenibilità di un sistema dove la finanza ed i capitali si sganciano dall’economia reale, dove persino il cibo diventa oggetto di speculazione finanziaria condannando alla fame oltre un miliardo di persone.

«Anni di deregulation, di liberalizzazioni, di primato del profitto – sottolinea Paolo Beni, presidente dell’Arci – hanno alimentato precarietà, perdita di posti di lavoro e disagio sociale, che aumenta non solo nei paesi più poveri, ma anche nelle nostre città. Questa crisi complessa ha dimostrato come i fallimenti del mercato siano alla base dei peggiori squilibri del pianeta, e come le ricette per curare questi disastri non possano essere le stesse proposte e riproposte da quasi trent’anni».

«La soluzione alle attuali crisi alimentare, produttiva e climatica – secondo Maurizio Gubbiotti di Legambiente – richiede un profondo e radicale spostamento da un’agricoltura e un modello energetico, industriale, produttivo, di distribuzione orientato all’esportazione, verso un’economia attenta ai bisogni del territorio, a Nord come a Sud. Non è più il momento di stare a guardare, è a rischio la stabilità e la sopravvivenza di intere comunità per gli anni a venire».

Secondo le tre organizzazioni per questi motivi è arrivato il momento di «dare un taglio» alle vecchie e fallimentari politiche a Ginevra come a Copenhagen, ed è questo il messaggio che ribadiranno fino alla chiusura della Ministeriale con un’azione di mail bombing sui negoziatori italiani attivabile dal sito.

(Fonte Faircoop)