Cop/Mop: la revisione di Kyoto

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Mercoledì 9 – La sessione plenaria Cop/Mop ha affrontato alcuni problemi di merito del nuovo protocollo di Kyoto emendato.

In particolare, sono stati discussi alcuni approfondimenti sui meccanismi flessibili.

Per quanto riguarda la «Joint Implementation» la discussione è stata molto serena e costruttiva. Tutti hanno apprezzato il lavoro finora svolto che migliora la trasparenza dei processi e della cooperazione internazionale nell’attuazione congiunta degli impegni. Tuttavia, come ha fatto rilevare la Cina ed altri paesi, mancano fondi sufficienti ed il fondo denominato «adaptation fund» del protocollo di Kyoto non è stato alimentato come promesso dai paesi industrializzati.

Per quanto riguarda il Cdm (Clean development mechanism), invece ci sono state vivaci proteste da parte della Cina che ha criticato il Comitato Esecutivo del Cdm che valuta i progetti Cdm, perché nei propri meccanismi di valutazione dei progetti ha escluso i progetti di energia eolica da attuare in Cina, perché poco trasparenti e poco corretti perché producono facili ed economici «crediti alle emissioni» dei Paesi europei, producendo una inflazione di «crediti». Il motivo per cui sono aumentati i progetti eolici proposti dai Paesi europei per la Cina, deriva dal fatto che la Cina ha deciso di incrementare la sua produzione di energia da fonti rinnovabili e di incentivare, detassandole, queste forme di energia. Il Comitato esecutivo del Cdm non può interferire negli affari interni della Cina, che è un Paese sovrano, e nelle proprie scelte autonome di sviluppo, che peraltro sono coerenti con le indicazioni internazionali per lo sviluppo sostenibile.

Molti Paesi africani, che si sentono esclusi dai progetti Cdm hanno proposto di fissare standard chiari, trasparenti ed adeguati per evitare distorsioni e per dare accesso equo per tutti alla collaborazione internazionale attraverso i meccanismi Cdm.

L’India, invece, ha osservato che il numero dei progetti Cdm dipende dal taglio alle emissioni che devono attuare, ma che dovranno ancor più attuare in futuro i Paesi industrializzati. Quindi, è scorretto parlare di inflazione di progetti e crediti o porre limite al numero dei progetti se non si commisura tale numero e l’entità delle riduzioni conseguite rispetto agli obblighi di riduzione delle emissioni richieste dal protocollo di Kyoto.

Il Giappone, l’Arabia Saudita e gli altri paesi produttori di combustibili fossili (Emirati Arabi, Nigeria, Algeria, Libia, ecc.) hanno, invece, protestato perché i progetti Ccs (Carbon capture and storage) non fanno parte dei progetti ammissibili per il Cdm e chiedono che al più presto si decida in proposito.

Contro l’inclusione dei progetti Ccs nei meccanismi del Cdm sono intervenuto il Brasile e la Corea del Sud: invece di assorbire l’anidride carbonica con impianti Ccs che aumentano inutilmente l’industrializzazione e minacciano l’integrità territoriale, meglio usare metodi e meccanismi naturali quali quelli della forestazione, della riforestazione e della lotta alla deforestazione.

La discussione continuerà nei prossimi giorni.

Nella discussione sono intervenuti anche alcune Associazioni non governative per sottolineare l’importanza dei meccanismi flessibili e di cooperazione internazionale ai fini di risolvere alcuni problemi globali. In questo senso è intervenuta la Federazione internazionale dei produttori agricoli (Ifap) che hanno chiesto una maggiore attenzione all’agricoltura e per inserire l’agricoltura nei meccanismi flessibili. Con la crescente riduzione delle risorse in conseguenza dei cambiamenti climatici l’agricoltura deve essere vista, non come produttrice di inquinamento, ma come sink (assorbitore) della anidride carbonica e, come bene primario dell’umanità, deve essere supportata nell’adattamento ai cambiamenti climatici.

Interventi a salvaguardia della integrità delle popolazioni indigene e per il loro adattamento sono stati effettuati da esponenti del Forum delle popolazioni indigene. Altri interventi hanno riguardato il supporto alle donne dell’Africa che hanno la primaria responsabilità della produzione agricola e del sostegno alimentare alle proprie famiglie poverissime.