Egregio Presidente,
siamo i tecnici e ricercatori precari che da 25 giorni stazionano permanentemente sul tetto dell’Istituto Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA), in attesa di un dialogo che non arriva.
Stiamo esposti al freddo e alle intemperie ma questo non ci fa male, ciò che ferisce è l’indifferenza.
Indifferenza dei nostri vertici, i commissari dell’Ente, indifferenza del Ministro dell’Ambiente, on. Prestigiacomo, l’indifferenza di uno Stato che abbandona i suoi figli senza un perché.
Vorremmo spiegare ad un interlocutore che si nega, che i fondi ci sono (il nostro stipendio proviene da progetti di ricerca e non da fondi ordinari), le soluzioni tecniche ci sono, il lavoro lo abbiamo sempre svolto con passione e dedizione e questo è dimostrabile con fatti concreti, senza pronunciare quella famosa meritocrazia di cui molti si riempiono la bocca.
Lo Stato ha investito su di noi e ci ha formato con Laurea, Dottorato di Ricerca ed esperienza lavorativa a volte anche decennale, ma non ci concede la dignità di considerarci lavoratori e da 25 giorni neanche quella di essere Italiani.
Lo stesso Stato che ci ha mandati in Libano per il più grande disastro ambientale degli ultimi anni in Mediterraneo, che richiede il nostro intervento sulle Navi dei Veleni, che rappresentiamo con orgoglio ai tavoli tecnico-scientifici internazionali anche in ambito ONU, che esportiamo nel mondo con i nostri nomi in numerose pubblicazioni scientifiche. Uno Stato che a parole vuole organizzare task force in campo ambientale, senza sapere che gli esperti in quei campi li sta licenziando, dissipando con un gesto conoscenze e cultura irrecuperabili.
Sul tetto fa freddo e non è al caldo di casa che vorremmo stare ma in mare, per controllare i danni dovuti allo sversamento di rifiuti tossico-nocivi, a evitare l’estinzione di specie ittiche per la pesca illegale, scoprire nuove foreste di corallo nero o organismi marini ancora sconosciuti, ma anche in montagna per evitare un nuovo disastro idrogeologico come quello di Messina oppure a Malagrotta per i controlli sui rifiuti, o anche in Europa a spiegare ai politici che il sequestro di CO2 è possibile.
Ovunque a fare il nostro lavoro, così come richiesto dal nostro Ministero, ma non su un tetto ad aspettare una risposta che non arriva!
Il freddo tempra il corpo ma anche lo spirito ed è per questo che, forse esagerando, nei racconti notturni intorno alla stufa ci sentiamo l’ultima resistenza al processo di depauperamento della cultura nel nostro paese.
Chiedere un dialogo non è reato, è da un anno e mezzo che lo facciamo, da quando il nostro Istituto l’ICRAM è stato soppresso insieme ad APAT ed INFS per creare l’ISPRA, un Ente che ad oggi non ha Statuto, linee d’indirizzo ed una chiara missione da espletare, se non quella di eliminare 400 precari.
Occupare un tetto è reato, per noi non è facile, ma abbiamo tutti una famiglia che ci sostiene e che vorrebbe passare il natale con noi, questo sarà possibile solo se qualcuno ci ascolterà!
La salutiamo citando le Sue parole che tanta speranza ci hanno donato: «la scelta della ricerca scientifica è sempre prioritaria, anche in una situazione di risorse scarse».
Auguri di Buon Natale
Grazie