Greenpeace – Liberi gli attivisti «imbucati» al summit

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Rilasciati dopo aver scontato 20 giorni di prigione, e senza processo. Nel corso del Summit sul Clima avevano ricordato ai leader mondiali le loro responsabilità per la difesa del clima del pianeta. Esempio poco rispettoso dei diritti umani da parte della Polizia danese

Sono stati rilasciati ma hanno già scontato 20 giorni di prigione, e senza processo, gli attivisti di Greenpeace che nel corso del Summit sul Clima di Copenhagen avevano ricordato ai leader mondiali le loro responsabilità per la difesa del clima del pianeta, «imbucandosi» alla festa della regina Margrethe II.
I quattro attivisti, da Olanda, Norvegia, Spagna e Svizzera, erano stati arrestati il 17 e 18 dicembre scorso, dopo avere pacificamente dimostrato al ricevimento di Stato offerto dalla Regina di Danimarca, Margrethe II.

Oggi, un giudice avrebbe dovuto valutare i termini della loro detenzione. I quattro attivisti devono comunque ancora affrontare un processo e potrebbero subire un’ulteriore pena detentiva. «La prigionia non necessaria di quattro pacifici attivisti è stata una punizione ingiusta, senza processo, anche e soprattutto perché Greenpeace aveva garantito che, come sempre, questi non si sarebbero sottratti al giudizio – sostiene Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International -. È un’ingiustizia che si somma al crimine commesso dai leader mondiali che non sono stati capaci di giungere a Copenhagen ad un accordo vincolante per la riduzione delle emissioni di gas serra».

La sera del 17 dicembre 2009, tre degli attivisti arrestati, che si erano qualificati come «Capo dello Stato del Regno Naturale», sua «moglie» e un «addetto alla loro sicurezza», erano penetrati nel cordone di sicurezza che circondava il ricevimento per i Capi di Stato: il giorno prima dell’ultima, cruciale, sessione del Summit sul Clima. Il «Capo di Stato» e sua «moglie» avevano aperto striscioni con la scritta «I politici parlano, i leader agiscono». Un quarto attivista era stato arrestato successivamente.

La protesta «del tappeto rosso» è stata un’operazione piuttosto semplice, basata su elementi facilmente reperibili e con connotati farseschi. Per esempio, il logo di Greenpeace era evidente sulle limousine noleggiate da Greenpeace per l’occasione. Una delle targhe includeva il numero «007», quello di James Bond e i lampeggianti azzurri della polizia, usati su uno dei veicoli, sono stati semplicemente acquistati su internet al prezzo di 6 euro e 70.

Dopo la liberazione, a Copenhagen, si è tenuta una conferenza stampa sulla nave Rainbow Warrior con i quattro attivisti e il direttore di Greenpeace International, Kumi Naidoo, già attivista contro l’apartheid in Sud Africa, che ha ricordato il ruolo positivo dei Paesi Scandinavi nello sconfiggere il regime razzista di Pretoria e ha chiesto alla Danimarca di riguadagnare la reputazione di difensore dei Diritti Umani, malamente compromessa dal comportamento della Polizia danese in questa vicenda.

(Fonte Greenpeace)