La follia del nucleare

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Gli attivisti hanno srotolato sulla facciata del «Colosseo Quadrato» all’Eur uno striscione di 300 m2 con la scritta «Stop alla follia nucleare, Stop nuclear madness», mentre l’incontro tra Enel e le imprese italiane era in corso

Gli attivisti di Greenpeace sono saliti questa mattina sul «Colosseo Quadrato» all’Eur di Roma per dire «Stop alla follia nucleare» mentre di fronte a loro, nel palazzo di Confindustria, Enel imboniva le imprese italiane presentando cifre discutibili sull’entità delle commesse per i lavori che riporterebbero l’Italia al suo passato nucleare.

Gli attivisti di Greenpeace hanno srotolato sulla facciata del Palazzo della Civiltà Italiana uno striscione di 300 m2 con la scritta «Stop alla follia nucleare, Stop Nuclear Madness», proprio mentre l’incontro era in corso.

«Enel presenta il nucleare come un affare che per i due terzi è riservato alle imprese italiane – spiega Andrea Lepore, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace – ma, a parte le norme sugli appalti di queste dimensioni che prevedono delle gare internazionali, gli impianti Epr proposti da Enel sono un affare solo per il costruttore francese a corto di ordinazioni e non certo per l’economia italiana».

Enel cerca di imbonire le imprese italiane sostenendo che godranno del 70% degli investimenti necessari per costruire quattro reattori nucleari in Italia. La quota riservata alle imprese italiane, secondo Enel, sarebbe pari a 12 miliardi di euro, corrispondente alla parte non nucleare (dunque non coperta da brevetti francesi) degli impianti. Invece, secondo i dati pubblicati dall’azienda elettrica francese Edf, alleata di Enel nel riportare il nucleare in Italia, la quota degli investimenti per le parti non nucleari degli impianti Epr è pari al massimo al 40% del totale. La parte prevalente delle commesse andrebbe quindi alle imprese francesi, proprietarie dei brevetti sul nucleare, e non a quelle italiane.

A questo si aggiunge l’allarme lanciato da un recente studio (novembre 2009) di Citigroup, leader mondiale nei servizi finanziari, che segnala come i rischi di costruzione, finanziari e operativi, sono eccessivi per gli investitori privati che si vogliono lanciare nella disavventura nucleare.

Mentre Enel, nonostante l’elevato debito netto pari a 54 miliardi di euro, dichiara di essere pronta a sostenere un costo per quattro reattori Epr tra i 16 e i 18 miliardi di euro, cioè tra i 4 e i 4,5 miliardi di euro a reattore, Citigroup afferma che i costi sono tra i 5 e i 6 miliardi di euro a reattore, con «l’alta probabilità che per i nuovi reattori i costi saranno più alti di quelli previsti» e che «i tempi di costruzione saranno sempre meno prevedibili».

Fino ad ora sono solo due gli Epr in costruzione nel mondo. In Finlandia, nell’unico cantiere fuori dalla Francia dove si sta costruendo un Epr, finora sono in costruzione solo le parti non nucleari (promesse alle imprese finlandesi) ed è un colosso francese – il gruppo Bougeys – che sta facendo la parte del leone. E la fa pure male, visto che ci sono stati due clamorosi blocchi dei lavori a causa delle saldature effettuate al di sotto degli standard di sicurezza: uno nell’agosto del 2008 e un altro lo scorso ottobre.

«La propaganda di Enel sul nucleare continua, ma l’esperienza degli unici due Epr in costruzione in Finlandia e in Francia ha già ampiamente dimostrato che per questo tipo di impianti ritardi, problemi nella sicurezza e costi fuori controllo non sono un rischio ma una regola» conclude Lepore.

(Fonte Greenpeace)