Turismo fra devastazioni e sostenibilità

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I Paesi andini sono un cantiere aperto di scempi minerari. Il turismo di massa pare non rendersene conto e si muove come un elefante in una cristalleria

Jacopo Pasotti è stato a Cerro de Pasco (Perù) per documentare il disastro ambientale in atto. E c’è stato grazie anche a Tour2000, che si occupa di turismo sostenibile specialmente in Sud America.

Molte sono le miniere sfruttate in modo intensivo in questa parte del Pianeta. E Pasotti, che ci ha inviato l’intervista a Marino Pagni, che dirige Tour 2000, che pubblichiamo in basso, si chiede quali contributi possa dare la scienza all’umanità. «La ricerca di base esplora nuovi orizzonti del mondo naturale ed i risultati si vedono a lungo termine. Quella applicata cerca soluzioni a problemi ed interrogativi più vicini a noi, come un nuovo vaccino o la possibilità di mitigare gli effetti di un terremoto. Ma esiste anche una piccola nicchia non codificata, che lavora nella emergenza, e che mi piace chiamare, appunto, scienza per l’emergenza».

Un cratere fumante di rocce polverizzate, illuminato a giorno anche nel cuore della notte, percorso da dumper fuoristrada rumorosi, percosso dallo scoppio delle mine.
Sul suo ciglio sorge una città mineraria storica a 4400 metri di altitudine, Cerro de Pasco, settantamila abitanti. È proprio sopra la città La Oroya, che con il 99% degli abitanti con il piombo nel sangue sopra i limiti della Oms, si è guadagnata una pole position nella lista delle 10 città più inquinate al mondo pubblicata dal Times nel 2007. Cerro de Pasco è circondata dalla catena andina e da montagne di detriti di cava ed ogni volta che soffia di tramontana si alzano nuvoloni di polvere. Nuvole tossicissime e che potrebbero spiegare il fatto che a Cerro le morti per tumore superino il 40% del totale (mentre la media mondiale è del 9,5%), e le malattie agli occhi siano comuni.

Siamo abituati, purtroppo, alla contemporaneità delle emergenze e del turismo che avanza indifferente (vedi l’ultimo caso di Haiti), per cui ci sembra opportuna quest’intervista che dà l’idea di un altro turismo.

Il turismo ha storicamente fama di danneggiare le culture locali. Ma qualche cosa sta cambiando. Tu che lavori nel settore, hai notato cambiamenti nell’attitudine negli operatori turistici in Perù?

Direi di sì. Un esempio è il fatto che alcune comunità locali cominciano a gestire direttamente delle attività turistiche e gli introiti rimangono direttamente nel paese e non vengono incamerati dalle grandi catene alberghiere internazionali.

Mi hai detto che voi avete un approccio sostenibile nella vostra offerta turistica. Mi potresti innanzitutto spiegare cosa si intende per turismo sostenibile?

È il rispetto che il turista deve avere verso i luoghi e le comunità che incontra. Il viaggiatore deve scrollarsi di dosso l’Eurocentrismo tipico del turista occidentale. Deve cercare di «guardare» con altri occhi e di «comprendere» e rispettare le culture locali con le quali viene in contatto. Per fortuna i governi e gli organismi internazionali si stanno sensibilizzando, per esempio limitando gli ingressi in aree delicate (come per esempio alle Galapagos).

E mi puoi dare un esempio concreto in cui voi attuate un turismo sostenibile?

Stiamo lavorando con una organizzazione brasiliana che si occupa da molti anni di ecoturismo, si chiama Ambiental Expeditions. Insieme a loro abbiamo creato un sito (www.brasileecologico.it dove sono offerti programmi in zone poco battute dal turismo di massa. Insieme a loro abbiamo creato un sito dove offriamo programmi in zone lontane dal turismo di massa, ma spettacolari. La particolarità è che le strutture sono gestite da comunità locali. A titolo di esempio cito un nuovo progetto che abbiamo insieme agli indios «Xavantes».

Hai altri esempi?

Ambiental Expedition misura l’impatto ambientale che il turismo ha sull’ambiente, tra cui i voli, i giorni di permanenza, le località visitate, eccetera. In base a determinati coefficienti misurano poi l’impatto sull’ambiente, e per compensare, piantano alberi per il rimboschimento dell’Amazzonia e di altre zone del Brasile.

Tu incontri molti turisti. Credi che l’attitudine dei viaggiatori sia cambiata?

Credo di sì, visto il successo e l’interesse per l’ecoturismo. Inoltre vediamo che è il cliente stesso che richiede di visitare zone fuori dai consueti circuiti turistici ma in ambienti di importanza naturalistica.

Sai, io ho l’impressione che molti sbandierino la sostenibilità, ma che sia più una operazione di marketing. Come credi che possa distinguere un sincero desiderio di fare turismo ed allo stesso tempo di ridurre l’impatto di questo mercato?

È vero. Come in tutte le cose si rischia che certe scelte siano una «moda», ma credo che la nascita di associazioni che si interessano di ecoturismo e la presenza di corrispondenti locali assolutamente affidabili siano la speranza per un futuro «ecosostenibile».

Esiste un organo internazionale, o nazionale, indipendente che in qualche modo controlli l’attendibilità degli operatori turistici che si dichiarano sostenibili?

Sì, esiste. E noi abbiamo attivato la procedura per l’iscrizione. Si tratta della organizzazione Aitr, la cui missione è: promuovere, qualificare, divulgare, ricercare, aggiornare, tutelare i contenuti culturali e le conseguenti azioni pratiche connesse al concetto di turismo responsabile, secondo la loro «mission».

Ora dimmi tre punti che un turista dovrebbe rispettare per ridurre il proprio impatto sull’ambiente e sulle culture locali.

Il turista dovrebbe innanzitutto non essere «invadente» ma rispettoso verso le popolazioni locali (per esempio nel caso tipico delle riprese con fotocamera e video). Poi bisogna avere un assoluto rispetto per l’ambiente, per esempio non prelevare nulla dal terreno, da un bosco, da una spiaggia. Infine si dovrebbe «preparare» al viaggio: informarsi sui luoghi che si visiteranno, le popolazioni, la cultura, per non essere «un pacco» depositato in giro per il mondo dall’industria del turismo.

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Le foto sono di Jacopo Pasotti

Nel titolo e in alto, la miniera di Cerro de Pasco in Perù.

In basso, Stand di Labor, Ong locale impegnata nella difesa dei cittadini di Cerro de Pasco.