L’80% è scadente perché povero di carbonio organico. Il degrado causato da cemento, specie invasive ed inquinamento
Pur essendo tra i Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, l’Italia è tra gli ultimi nella protezione della vita del suolo. Le scarse conoscenze sulla risorsa e le tante pressioni a cui è sottoposto, fanno oggi del suolo la «cenerentola» della biodiversità. Nell’«Anno internazionale della biodiversità», l’Ispra vuole offrire una panoramica completa delle criticità e formulare nuove proposte per la tutela.
Nonostante possa vantare il primato in Europa quanto a varietà di superfici agricole e naturali, gli ultimi dati disponibili, elaborati dall’ Ispra, dicono che la situazione dei suoli italiani è preoccupante: circa l’80% è povero di carbonio organico e, quindi, non può essere definito «di qualità» a causa della scarsa presenza di sostanza organica e di un elevato rischio di erosione.
L’Italia, Paese europeo con la più grande biodiversità del suolo, attualmente dieci volte superiore a quella del Regno Unito e doppia rispetto a Francia o Spagna, rischia anche di perdere gran parte di questo patrimonio. Infatti, è in calo il numero di specie di microrganismi che popolano il terreno e ne determinano fertilità e stabilità. Moltissime specie sono poi endemiche, vivono cioè esclusivamente nel nostro Paese, spesso limitate in ambienti fragili e minacciati.
Segnali incoraggianti arrivano, però, dalla bozza di «Strategia nazionale per la biodiversità», in fase avanzata di lavoro, dove per la prima volta si propone l’istituzione di un programma nazionale di monitoraggio della biodiversità del suolo.
Il suolo ospita il 95% della biodiversità dell’intero pianeta e in un solo grammo di terra vivono milioni di microrganismi, gran parte dei quali ancora sconosciuti. Invece di considerarlo come un comparto ambientale essenziale per l’esistenza delle specie viventi, troppo spesso è percepito solo come un supporto inerte alla produzione agricola e come base sulla quale sviluppare le attività umane.
Nel corso degli ultimi 100 anni, il suolo ha visto moltiplicarsi il numero e la varietà delle minacce indotte dall’uomo. «Come è stato sancito nel 2006 dalla Commissione europea, esistono una serie di fattori che mettono a rischio il suolo italiano – ha dichiarato il Commissario dell’Ispra Vincenzo Grimaldi introducendo il seminario -. C’è anzitutto la perdita di biodiversità del suolo, ma anche la contaminazione, la perdita di sostanza organica, la compattazione, l’impermeabilizzazione, l’erosione, le inondazioni e le frane».
Il problema più grave è che solamente una piccolissima percentuale degli organismi che popolano il suolo è stata studiata e classificata. Intere regioni italiane, infatti, sono ancora inesplorate dal punto di vista della biodiversità del suolo. Per questo, il seminario ha posto l’accento sull’urgenza di allestire una rete nazionale di monitoraggio della biodiversità dei suoli italiani, come già altri Paesi da molti anni stanno facendo.
A minacciare la biodiversità del suolo c’è anche la comparsa di specie invasive, com’è il caso della «lumaca killer», che ha infestato l’intera Europa, distruggendo i raccolti senza incontrare ostacoli, attaccando le altre specie di lumache e rimanendo refrattaria a qualsiasi misura di controllo.
Mentre appaiono nuove specie ne scompaiono altre, come sta accadendo con le orchidee selvatiche negli habitat sotto gli 800 metri. Sono specie fondamentali che, vivendo in stretta simbiosi con i funghi del suolo e gli insetti impollinatori, sono un efficace campanello d’allarme per l’equilibrio tra biodiversità del suolo e inquinamento.
Tra le principali minacce che colpiscono il suolo del nostro Paese c’è il crescente consumo di superficie, che sta aumentando ad una velocità tra le più alte d’Europa. Con 43 milioni di tonnellate di cemento prodotto nel 2008, il nostro Paese è al 4° posto nel mondo per rapporto cemento prodotto/superficie, e al 5° per rapporto cemento prodotto/abitante. Il fenomeno si definisce «impermeabilizzazione» e ha molteplici effetti negativi: sottrae all’agricoltura e alla conservazione naturale porzioni sempre crescenti di terreno, limita e impedisce l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione, aumentando le possibilità di repentini eventi di piena. Se tra 1994 e 2000 il consumo di suolo era pari a 203 ettari l’anno, tra 2000 e 2006 i dati Ispra segnano un aumento del processo di impermeabilizzazione pari a 392 ettari l’anno. Il processo è evidente nelle grandi città: ad esempio a Roma, l’espansione delle aree urbane ha portato ad una crescita del suolo impermeabilizzato dal 4% (1994-2000) al 7% (2000-2006).
(Fonte Ispra)