La correttezza di un nome (termovalorizzatore a biomassa) è proporzionata alla correttezza di gestione. I rifiuti solidi urbani non sono biomasse né lo diventano per legge
Sabato a Stigliano, nell’area di Acinello, in Basilicata, si organizza una manifestazione contro la costruzione di una centrale termoelettrica a biomasse della potenza di 35 Mwe.
Non si tratta della solita manifestazione di uno dei tanti comitati del no, si tratta di un rapporto strutturale con i cittadini che, purtroppo, è saltato da tempo, e la Basilicata, in particolare, sta vivendo una stagione troppo lunga di confusione.
La parola biomassa sfrutta un’immagine positiva nell’humus culturale che si è creato da tempo, ma in realtà è strumentale perché si tratta semplicemente di un inceneritore, pardon, ribattezzato termovalorizzatore perché in cambio ci dà energia.
Il problema di queste tecnologie è che sono nate per bruciare particolari combustibili ma nella gestione pasticciata che poi viene praticata, producono più danni che benefici (polveri sottili, metalli pesanti).
Una storia troppo lunga
In Basilicata la storia dei termovalorizzatori è lunga. Nel 2008 un comitato civico locale ha denunciato un «Termovalorizzatore a Biomassa» progettato per un’area Zps limitrofa al Parco Pollino, nel Comune di Teana.
Il termovalorizzatore, non era un termovalorizzatore perché non prevedeva l’incanalamento delle acque per il riscaldamento dei paesi limitrofi e non era a biomassa perché la potenza prevista richiedeva biomasse che in Basilicata non sono disponibili.
Per le parole però la Regione aveva provveduto perché con una delibera aveva definito i Rifiuti solidi urbani (Rsu) e le ecoballe «Biomassa Equivalenti» con questo autorizzandone l’incenerimento nelle centrali a biomassa del «tal quale», cioè tutto.
Quella di Teana prevedeva la sola produzione di energia elettrica (con un’efficienza non superiore al 20%) ed evidentemente contava sull’ottenimento di certificati verdi per la produzione di energia elettrica «da fonti rinnovabili», sulla remunerazione per lo smaltimento dei rifiuti e, ovviamente, sulla remunerazione dell’energia elettrica prodotta. Tre guadagni per contribuire con massima efficienza (anidride carbonica ed acque calde inutilizzate) al riscaldamento globale ed all’intossicazione di una regione che paga l’aria cosiddetta pulita con il sottosviluppo, l’emigrazione dei giovani e della cultura e la rapina delle risorse che altrimenti la farebbero ricca.
Il termovalorizzatore di Teana è stato sconfitto dalla mobilitazione popolare e dall’insipienza ed approssimazione dei proponenti il progetto… per essere immediatamente riproposto a Tricarico, dove è stato nuovamente sconfitto.
Intanto altri tre venivano proposti a Ferrandina, nella valle del Basento, Atena Lucana (non in Basilicata ma come dice il nome molto vicina alla Basilicata) e nella valle del Mercure, quest’ultimo dall’Enel, al limite fra Lucania e Calabria e nel pieno cuore del Parco Pollino. Quello di Atena Lucana è stato fermato per ora dalla Pretura, quello del Mercure di nuovo è stato fermato dalla protesta popolare.
Il tempo di rifiatare ed un progetto con i permessi in regola, ma sempre della stessa natura, è pronto ad essere realizzato a Stigliano, sotto il naso di Aliano, il paese dell’esilio di Carlo Levi e del «Cristo si è fermato ad Eboli».
Ed eccoci alla manifestazione di sabato.
Cosa dire? Una regione allo sbando? Una regione con poche idee e confuse… certo i cittadini le hanno chiare e fino a quando la popolazione c’è si può stare tranquilli.
In fondo la gente chiede semplicemente di non essere presa in giro, di non essere spogliata di tutte le sue risorse come da sempre e riempire il vuoto lasciato con la spazzatura del resto d’Europa e l’avidità di denaro di imprenditori disinvolti complice il poco chiaro connubio «Certificati Verdi-Imprenditoria italiana per la produzione di energia da fonti rinnovabili».
La Basilicata non è il Terzo mondo.