Perché conviene l’energia termica

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La valorizzazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili può aiutare a raggiungere gli obiettivi europei del 20-20-20

Gli obiettivi europei sull’efficienza, il risparmio energetico e l’uso di fonti rinnovabili è sintetizzato nello slogan del 20-20-20 per il 2020. In particolare, l’obiettivo sull’uso di fonti rinnovabili per l’Italia è pari al 17 % degli usi finali di energia entro il 2020.

Gli obiettivi della direttiva europea, come si evince dal dossier dell’Enea, Gli usi termici delle Fonti Rinnovabili, sono tarati sul consumo di energia espressa in usi finali, pari per l’Italia nel 2007 a 143,2 Mtep, costituiti da elettricità e calore da qualsiasi fonte. Quindi un kWh elettrico ed un kWh termico, se prodotti entrambi da fonte rinnovabile, danno lo stesso contributo.

La direttiva europea sulle fonti rinnovabili, non facendo distinzione tra energia elettrica e calore, rende molto più conveniente incentivare questa seconda forma di energia per raggiungere le quote di Fer fissate per ciascun Paese.

Infatti, da un punto di vista economico, non c’è dubbio che nella maggior parte dei casi il costo di produzione di un kWh termico sia inferiore di quello necessario per produrre un kWh elettrico; è quindi evidente l’importanza di promuovere la diffusione delle tecnologie per le rinnovabili termiche rivedendo un sistema di incentivazione, basato sui certificati verdi e sul conto energia, che non sembra rispondere compiutamente a questa esigenza.

Per valutare, anche se con larga approssimazione ed in via del tutto preliminare, tale possibilità si è ipotizzato uno scenario alternativo estremo, che prevede un drastico ridimensionamento dell’attuale impostazione «elettrocentrica» delineata da PP ed un contemporaneo aumento dello sfruttamento delle biomasse e della geotermia a bassa temperatura per produrre calore. La Tabella 1 illustra come, ridimensionando pesantemente lo sviluppo del solare fotovoltaico ed altre Fer «elettriche» a favore delle Fer «termiche», si potrebbe verosimilmente raggiungere il 17% di rinnovabili sui consumi finali di energia con oneri di investimento dell’ordine dei 40 miliardi di euro, a fronte delle stime Iefe di sopra ricordate di 88 miliardi di euro per solo il 6-7% di rinnovabili.

Tabella 1 – Stima dell’onere di investimento e di incentivazione per un’ipotesi alternativa

Fonte e utilizzo

Energia annua MWh x106

Investimento [G?]

Incentivo ?/MWh

Durata incentivo Anni

Costo totale incentivazione [G?]

Biomasse – Calore bassa e media T

106

7.00

30

20

63,60

Generazione E.E. per cocombustione

1

0,10

50

15

0,75

Pompe di Calore per calore a BT

35

7,50

30

15

15,75

Biogas da discarica – Generazione E.E.

1

0,25

56

15

0,84

Geotermia- generazione E.E.

2

0,65

62

15

1,86

Biogas da fermentatori – Generazione E.E.

1

0,65

98

15

1,47

FORSU – Generazione E.E.

4

2,55

83

15

4,89

Idroelettrico ? 10 MW

4

1,78

76

20

1,78

Solare termico – Generazione calore BT

12

7,17

30

20

7,20

Eolico – Generazione E.E.

8

8,32

76

15

9,07

Fotovoltaico -Generazione E.E.

1,4

6,68

360

20

10,08

Totale

175,4

42,65

 

 

120,07

L’Italia è molto in ritardo proprio negli usi termici delle fonti rinnovabili, mentre sta rapidamente crescendo (anche se a caro costo) la quota di generazione elettrica. Occorre e conviene colmare questo ritardo, e rivedere in aumento il peso degli usi termici delle rinnovabili nel soddisfare quella quota del 17% al 2020 che la Commissione europea ci ha assegnato. Questo vuole anche dire una riduzione della pressione sugli usi elettrici, che renda gli obiettivi più realistici e meno costosi.

Riuscire a contabilizzare in modo preciso l’uso termico delle biomasse darebbe un grande contributo al raggiungimento dell’obiettivo del 17%. Infatti, il consumo energetico delle biomasse per impieghi energetici è in Italia molto elevato, con dati molto incerti perché predominano gli usi termici con approvvigionamento o autonomo o con canali non formalizzati.

Da alcuni campionamenti locali si stimano valori attorno a 20 milioni di tonnellate; la fonte più usata è il legno per combustione, seguono gli scarti dell’agricoltura solidi e liquidi, infine gli scarti dell’industria del legno. Queste biomasse possono essere impiegate per produrre calore, sia per usi termici diretti, sia da trasformare in elettricità.

Se si vogliono valorizzare gli utilizzi del calore da fonte rinnovabile per assolvere gli impegni presi verso l’Ue è necessario monitorare gli aspetti qualitativi e soprattutto quantitativi, con un adeguato sistema di tracciabilità dell’origine e delle trasformazioni.

Nel settore elettrico la necessità di riscuotere l’imposta di consumo ha comportato la formazione di un apposita struttura degli Utf e dei contatori, per cui i dati di consumo sia per l’energia elettrica acquistata sia per quella autoconsumata sono raccolti e resi disponibili. Nel calore non ci sono imposte di consumo (esse sono poste sui combustibili fossili e si pagano all’atto dell’acquisto) quindi non esiste nessuna struttura dedicata a monitorare i dati del calore da fonte rinnovabile. Se il combustibile rinnovabile è autoprodotto o acquistato in nero, esso sfugge anche all’Iva sulle vendite. Occorrerà quindi acquisire dati in varia maniera evidenziando poi le duplicazioni.