Messa a punto dal prof. Franco Cappiello una macchina i cui usi si prestano a varie soluzioni ecologiche
Nonostante l’attuale momento storico sia caratterizzato da un significativo rallentamento economico, di contro, si registra un repentino incremento della richiesta di energia e, come diretta conseguenza, una quantità smisurata di sostanze nocive immesse nell’atmosfera che comportano non pochi danni alla salute del nostro pianeta.
A tal fine c’è da dire che finalmente la necessità di individuare nuove e pulite fonti di energia comincia ad essere sentita in maniera incisiva in ogni settore della produzione e della ricerca.
Molto significativo è lo studio portato avanti dal prof. Franco Cappiello riguardante un dispositivo ad antiparticelle in grado di annichilire la materia sprigionando una grande quantità di energia.
Egli ha seguito una direzione ben chiara: si è addentrato sempre più nell’intima struttura della materia.
Partendo dal «primo fuoco», cioè quello che tutti noi atavicamente denominiamo fuoco, ha trattato della prima forma di energia termica: la combustione. Attraverso la combustione è stato possibile riscaldare e far evaporare dell’acqua e con la pressione si è potuto mettere in funzione una turbina e così generare elettricità. Si è convertita dunque l’energia termica in energia meccanica e poi elettrica.
Oggi il fenomeno della combustione è ampiamente sfruttato in molti dei settori produttivi e si fa ancora largo uso di combustibili fossili. Questi ultimi provocano l’immissione nell’atmosfera di grandi quantità di CO2 cioè anidride carbonica: un gas ad effetto serra. La componente antropica di tali gas, sommata a quella regolarmente presente in natura ha portato a valori così elevati da causare un innalzamento della temperatura dell’intero pianeta. Cioè un notevole aumento di energia nell’atmosfera con conseguenze disastrose sui delicati equilibri climatici e meteorologici.
Così, nella pratica, si è passati al «secondo fuoco» acceso da Enrico Fermi con l’invenzione della pila nucleare. Con il secondo fuoco si è scesi nell’intima struttura della materia: se con il primo fuoco si coinvolgevano gli elettroni cioè la struttura dell’atomo esterna al nucleo, con il secondo fuoco si procede a coinvolgere il nucleo dell’atomo.
Enrico Fermi costruendo un prototipo di pila nucleare, nel 1942 a Chicago, riuscì a provare che è possibile ricavare una enorme quantità di energia bombardando un nucleo di un atomo pesante con un neutrone. Esso reagisce a questo trattamento spezzandosi in più frammenti e in altri neutroni che, a loro volta, possono essere usati per colpire altri nuclei e generare una reazione a catena che se non contenuta può diventare esplosiva. Ma anche questa nuova tecnologia ha dimostrato di essere una lama a doppio taglio: le radiazioni che si sprigionano durante la reazione nucleare risultano infatti seriamente deleterie per ogni forma vivente.
Con i più moderni macchinari e le nuove ricerche si è scesi ancora oltre, oltre l’intima struttura della materia. Ed è a questo punto che è partito lo studio del «vuoto» che ha dato vita al «terzo fuoco».
C’è da dire che il vuoto non esiste come noi lo intendiamo. Se ipoteticamente togliessimo l’aria da un contenitore resterebbe la possibilità di trovarvi energia termica. Se pure raggiungessimo lo zero assoluto, resterebbe la luce. Se pure riuscissimo, per ipotesi, ad eliminare tutte queste entità troveremmo particelle virtuali. Tra queste troviamo le cosiddette coppie virtuali. La cosa interessante è che sono chiamate virtuali perché hanno tempi piccolissimi in cui sono visibili si parla di frazioni di nanosecondi. Ma dividendole per ricavare i positroni e creando un fascio di queste particelle utile a colpire la materia ordinaria si crea l’annichilazione.
Difatti quando materia e antimateria collidono, ad esempio, quando un elettrone e un positrone si urtano, le due particelle scompaiono e al loro posto si generano due raggi gamma che si propagano in direzioni opposte e si sprigiona una immensa energia.
Infatti i positroni indirizzati verso un obiettivo sono capaci di annichilire la materia in quanto tale, e l’energia sprigionata risulta ecologica perché non c’è radioattività né scorie di alcun altro genere: tutta la materia si trasforma in energia. Si parla di centinaia di megawatt.
Franco Cappiello ha costruito una macchina che sfrutta questi principi.
In laboratorio è stato direzionato il raggio di positroni verso una lastra di acciaio e in un tempo ridottissimo, il risultato è stato una regione di metallo annichilita con una grande quantità di calore sprigionato.
È questo un metodo comodo, ecologicamente pulito ed economico per generare positroni e focalizzandoli contro materia normale ottenere energia a basso costo poiché questa macchina per funzionare, ha bisogno di una potenza molto limitata, pochi watt, ma può generare potenze di picco dell’ordine dei Gigawatt.
Dunque questa macchina genera energia dal nulla (l’energia si conserva sempre e non può essere né creata, né distrutta), essa sposta da un luogo ad un altro una grande quantità di energia già esistente.
Gli usi a cui la macchina del prof. Cappiello consente di asservirsi sono molteplici: propulsione per il trasporto stradale e spaziale; produzione di energia termica ed elettrica; distruzione delle scorie radioattive, ed altri.
Di tutto questo il prof. Cappiello ha tenuto una relazione lo scorso anno a Grottammare (Ascoli Piceno) durante la settima Conferenza sull’energia e sull’innovazione.
Verificheremo i traguardi ed i vantaggi che l’evolversi di queste ricerche permetterà di raggiungere.