Galoppa la perdita di Biodiversità

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Il 23% degli uccelli e il 15% dei mammiferi rischiano di scomparire per sempre: la percentuale di specie minacciate di vertebrati oscilla in media, a seconda dei diversi autori, tra il 47,5% e il 68,4%. In cima alla classifica, i pesci d’acqua dolce, i rettili e gli anfibi. Questi ultimi presentano un 66% di specie fortemente a rischio estinzione. Le Schede

La perdita della biodiversità procede a ritmi senza precedenti. In aumento il numero di specie a rischio estinzione nel nostro Paese, ritenuto il custode del maggior numero, in Europa, di specie animali. Pressoché dimezzate, in 25 anni, 33 varietà di uccelli tipiche degli ambienti agricoli. Tra queste, l’Allodola, il Balestruccio, la Rondine.

Il 23% degli uccelli e il 15% dei mammiferi, infatti, rischiano di scomparire per sempre: la percentuale di specie minacciate di vertebrati oscilla in media, a seconda dei diversi autori, tra il 47,5% e il 68,4%. In cima all’infausta classifica, i pesci d’acqua dolce, i rettili e gli anfibi. Questi ultimi presentano in assoluto la situazione più critica, con un 66% di specie fortemente a rischio estinzione.

Le minacce alla biodiversità non risparmiano neanche le specie vegetali: il 15% delle piante superiori e il 40% delle piante inferiori sono in pericolo. Tuttavia, le conoscenze in merito alle entità vegetali sono ancora incomplete, ma si stima che a rischio siano 772 specie di epatiche, muschi e licheni e 1.020 piante vascolari.

Dati, questi, su cui riflettere con urgenza, come dimostrato dalla volontà delle Nazioni Unite di proclamare proprio per il 2010 l’Anno internazionale della biodiversità. Una scelta nata anche dalla consapevolezza delle responsabilità umane: la minaccia primaria è, infatti, rappresentata proprio dalle attività dell’uomo e dalla crescente richiesta di risorse naturali e di servizi ecosistemici. La trasformazione degli habitat, inoltre, minaccia il 50,5% delle specie animali vertebrate ma tra le cause di questo depauperamento ci sono anche il bracconaggio e la pesca illegale.

E, inoltre, le attività agricole, responsabili dell’inquinamento delle acque, della perdita di stabilità dei suoli, dell’aumento dell’effetto serra. Complice anche un uso a volte irrazionale di fertilizzanti e prodotti fitosanitari.

Se n’è discusso nel corso della presentazione dell’Annuario dei Dati Ambientali Ispra 2009: la pubblicazione, opera dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale in sinergia con il Sistema agenziale, offre anche quest’anno una panoramica ampia e completa dello stato di salute dell’ambiente del nostro Paese, fornendo dati e riflessioni su cambiamenti climatici, biodiversità e aree naturali, agricole e forestali, dissesto idrogeologico, qualità dell’aria e delle acque interne, agenti fisici, ambiente e salute, rischio ambientale.

«L’Annuario si conferma basilare supporto per gli organismi preposti ad analisi e valutazioni ambientali – ha commentato il Commissario dell’Ispra, Prefetto Vincenzo Grimaldi – e rappresenta il documento di riferimento delle statistiche ambientali nazionali. Uno strumento, pertanto, utile sia al decisore politico, per operare scelte più efficienti, sia al cittadino comune».

«Le stime più recenti dell’Ispra – ha affermato Stefano Laporta, Sub Commissario Ispra – evidenziano un incremento della temperatura media in Italia, dal 1981 al 2008, pari a circa 1°C. Le conseguenze di questa variazione, se pur apparentemente non significativa, ricalcano in Italia un trend globale».

Sempre più accentuati, infatti, il fenomeno dell’erosione costiera, la desertificazione, la fusione dei ghiacciai, la riduzione della quantità e qualità delle risorse idriche, i rischi per la salute umana, il dissesto idrogeologico. L’innalzamento del mare, se pur modesto, e l’acuirsi di fenomeni come le mareggiate, aggrediscono gli ambienti marino-costieri. In particolare, alcune aree di piana costiera depresse (circa 1.400 km di sviluppo lineare) potrebbero essere inondate mentre le coste basse e sabbiose (circa 4.000 km) potrebbero essere soggette a forte erosione, con infiltrazioni di acqua salata nelle falde di acqua dolce.

Per contro, un dato positivo: segnalato un fenomeno espansivo del patrimonio forestale nazionale, stimato in circa 5.500 ettari all’anno. In crescita anche le Zps, le Zone di protezione speciale (oggi 597, pari al 14,5% del territorio nazionale) e i Siti di importanza comunitaria (Sic), pari a 2.228 e corrispondenti al 15% della superficie italiana.

Oltre agli ambienti naturali e seminaturali propriamente detti, in Italia si registra un trend positivo anche per quanto riguarda il verde urbano, con riferimento ai comuni capoluoghi di provincia. La densità media di verde urbano, infatti, è passata dal 7,8% del 2000 all’8,3% del 2008 mentre la disponibilità pro capite media è cresciuta, da 88,40 metri quadri per abitante a 93,60.

Infine una finestra sul rischio sismico e geologico-idraulico, che nel periodo 2008-2009 si sono manifestati in modo straordinario. Tre gli eventi che hanno superato la soglia di magnitudo locale 5: quello della costa calabra ha avuto una profondità ipocentrale molto elevata e non ha procurato danni; quelli avvenuti nell’area del Frignano, con alcuni danni a chiese e campanili e, infine, i rilevanti eventi nella zona de L’Aquila. I picchi di intensità, oggi sappiamo, sono stati causati da una particolare vulnerabilità sismica associata alla presenza di sedimenti alluvionali recenti non consolidati.

E sono le caratteristiche geomorfologiche del territorio italiano a determinare, inoltre, una forte esposizione al rischio frane, come testimoniato dai censimenti dell’Ispra che, grazie al Progetto Iffi, ha individuato più di 485.000 frane, che interessano un’area di oltre 20.700 km2, pari al 6,9% della penisola. Ben 5.708 i comuni italiani interessati da frane, pari al 70,5% del totale.

(Fonte Ispra)