In agricoltura 650 precari pronti a mobilitarsi

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    Usi Rdb: In arrivo «I tetti della ricerca» sul modello della protesta dell’Ispra. Il censimento sindacale sottolinea che i precari sono più del 30% del personale. Gli enti maggiormente in sofferenza sono il Cra, l’Inea e l’Inran

    Sono oltre 650, più del 30% del personale, i precari che si occupano di agricoltura. È quanto risulta da un censimento di Usi RdB Ricerca all’Istituto nazionale di economia agraria (Inea) e l’Istituto nazionale della ricerca sull’alimentazione e nutrizione (Inran), i cui dati mostrano una situazione scandalosa, vicina all’esplosione, anche a causa di continui tagli ai finanziamenti.

    Per Claudio Argentini, dell’Usi RdB Ricerca, i risultati confermano che «siamo vicini a nuovi tetti della ricerca, come quello dell’Ispra, visto che i precari sono il 30% del personale e ben 168 precari hanno più di 8 anni di anzianità. Si spaccia la precarietà come flessibilità positiva, ma è evidente che c’è una diffusa illegalità con oltre 290 ricercatori stabilmente occupati da cinque anni con varie forme contrattuali, in particolare per i co.co.co. e le altre forme, che essendo sostanzialmente impiegati come lavoratori subordinati portano una forte evasione previdenziale e fiscale».

    Le situazioni più esplosive, continua il sindacalista, «sono quelle del Cra e dell’Inea, dove negli ultimi 3 anni ci sono state 213 nuove assunzioni in nero, invece di tentare di risolvere i problemi. All’Inea, addirittura, già oggi si potrebbero assumere stabilmente tre lavoratori, secondo le norme vigenti, ma il Direttore generale dell’Istituto si rifiuta. Per questo, i lavoratori si stanno organizzando per forme di lotta più estreme come quella dell’Ispra, avendo deciso di dire basta al disinteresse che gli enti mostrano nei loro confronti, pur sapendo che sono necessari».

    Usi RdB, al momento sta portando avanti una trattativa col ministero dell’Agricoltura, per risolvere il problema, anche attraverso la revisione delle piante organiche, ma per il momento gli enti non collaborano anzi contribuiscono a peggiorare la situazione, per questo, conclude Argentini, aspettiamo di veder iniziare presto «I tetti della ricerca, e vedremo a quel punto come si comporteranno i direttori generali».