L’energia fa i conti con la crisi

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Gli esperti concordano sul fatto che le aspettative per la conferenza di Cancun non sono positive, perché le problematiche presenti a Copenhagen non sono state nel frattempo risolte

Del fallimento di Copenaghen si è parlato in una tavola rotonda all’interno del fitto calendario di eventi della III edizione del Festival dell’Energia di Lecce.

Al tavolo sedevano Rick Duke, Deputy Assistant Secretary for Climate Policy US Department of Energy, Corrado Clini, Direttore Generale Ricerca Ambientale e Sviluppo ministero dell’Ambiente, Ying Chen, Director of the Research Department for Sustainable Development, Institute for Urban Development and Environement of Chinese Academy of Social Sciences. Ha moderato il dibattito Antonio Navarra presidente Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici.

Dopo una breve introduzione sul tema si sono avvicendati gli interventi, ad aprire la discussione è toccato a Rick Duke, il quale ha esplicato le varie strategie messe in campo dall’amministrazione Obama nel settore dell’efficienza energetica e della riduzione di emissioni inquinanti. Su Copenhagen il vice Ministro americano ha dichiarato che nelle maglie del fallimento sono, comunque, rintracciabili alcuni punti di interessante svolta, come dimostra la volontà politica di una maggiore trasparenza rispetto agli impegni assunti dagli Stati, che hanno condiviso l’accordo seppur non vincolante di Copenaghen, fatto proprio da numerosi Paesi.

Rick Duke ha anche snocciolato qualche dato relativo alle politiche ambientali, e in particolare al «Recovery program», per la cui realizzazione sono stati stanziati l’anno scorso 70 miliardi di dollari per la ricerca tecnologica e per tagliare le emissioni di ossido di carbonio.

Rick Duke ha chiuso il suo intervento ricordando l’importanza della «ministeriale» che si terrà fra qualche mese a Washington D.C., dove i Ministri dei Paesi partecipanti avranno la possibilità di promuovere la realizzazione di nuovi accordi forieri di ulteriori cambiamenti dei comportamenti dei produttori e, contestualmente, della società nel suo complesso.

Con Corrado Clini si è parlato di quello che l’Unione europea ha fatto in merito e anche di ciò che non è stato fatto. Il fallimento di Copenhagen è rintracciabile, secondo Clini, nella decisione di fissare gli obiettivi da raggiungere, senza capire con quali strumenti si sarebbero stati perseguiti e realizzati. Di fatti quello che, secondo Clini, è improponibile chiedere o, peggio, pretendere che i Paesi in via di sviluppo pongano un freno alla corsa allo sviluppo per contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti. A questo proposito sarebbe invece necessario e auspicabile risolvere la questione del turnover delle fonti di produzione energetica, prima di supporre che i Pvs si adeguino a modelli di produzione meno impattanti. Gli obiettivi di Copenhagen, conclude Clini, potrebbero essere raggiunti attraverso l’azione congiunta della politica e dell’iniziativa privata, che, specie in questo grave momento di crisi finanziaria, potrebbe avere l’impulso che a volte alla politica manca.

Con la prof.ssa Ying Chen il baricentro della discussione si è spostato, per affrontare da vicino le problematiche che affliggono la Cina. La Chen concorda sul fallimento di Copenhagen, anche se ritiene che grazie al dibattito scatenatosi successivamente sia aumentata la consapevolezza dell’opinione pubblica e dello stesso Governo cinese, che comunque si confronta da circa un ventennio con le conseguenze legate al processo di industrializzazione e di urbanizzazione, che  hanno creato la necessità di uno sviluppo edilizio senza precedenti.

La prof.ssa Chen ha ribadito che per la Cina l’unico modo per abbattere le emissioni è quello di puntare ad un mix energetico più variegato, ma comunque non prescindibile dal carbone, da cui la produzione energetica cinese dipende per circa il 70%. In relazione alle centrali a carbone, tra l’altro, il Governo centrale di Pechino si è impegnato a dismettere le piccole centrali a carbone più obsolete e meno efficienti con l’obiettivo di sostituirle con delle nuove.

Dunque gli esperti concordano sul fatto che le aspettative per la conferenza di Cancun non sono positive, perché le problematiche presenti a Copenhagen non sono state nel frattempo risolte. È emerso oltretutto la necessità e l’auspicio di rafforzare i partenariati regionali, utili a discutere in ambiti più ristretti e più percorribili. Per quanto riguarda l’Unione europea la discussione di questi argomenti passa anche dall’Ecofin, nella cui sede i ministri europei dovranno decidere per una mobilitazione delle risorse pubbliche da destinare alla ricerca tecnologica e alla efficienza energetica, su questo campo dovranno confrontarsi con la crisi che la finanza mondiale, e dunque anche europea, sta attraversando.