Clima – In azione le centrali della disinformazione

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Ma la colpa è anche dei ricercatori. È necessario che gli scienziati imparino a essere buoni comunicatori verso il pubblico e non solo a dialogare fra loro nel loro linguaggio scientificamente corretto, ma criptico per gli altri

Naomi Oreskes ed Erik Coway, sul numero odierno di «Nature», intitolato «Sconfiggere i mercanti del dubbio», attaccano duramente le centrali internazionali della disinformazione e l’incapacità della scienza di comunicare le proprie ricerche.

In pratica si dice questo. L’attacco delle lobby anti scienza ed in particolare anti cambiamenti climatici si è sviluppata sotto la regia di loschi figuri che hanno operato in nome e per conto dei loro committenti, per cercare di confondere il pubblico e insinuare forti dubbi.

Tipico esempio del passato è stato quello delle lobby del tabacco, al cui soldo hanno operato sedicenti scienziati per negare la relazione fra fumo e cancro.

Nel caso del clima, i loschi figuri stanno ora lavorando al soldo dell’industria dei combustibili fossili per confondere il pubblico sul legame fra attività umana e riscaldamento globale. Viene citata, per esempio, la guerra fatta contro James Hansen dalla passata amministrazione americana guidata da George Bush e si fa riferimento alla spesso cattiva capacità di comunicare all’opinione pubblica degli scienziati le loro ricerche, per poterli attaccare e denigrare il loro lavoro.

L’opinione di Oreskes e Conway è che dobbiamo smettere di menare il can per l’aia con le sofisticherie che sono tipiche del modo di esprimersi degli scienziati per mantenere la loro correttezza scientifica. Dobbiamo, invece, dire a chiare lettere che il riscaldamento globale antropogenico è un fatto e che i rischi che si corrono, soprattutto per le generazioni future, sono gravissimi. È necessario che gli scienziati imparino a essere buoni comunicatori verso il pubblico e non solo a dialogare fra loro nel loro linguaggio scientificamente corretto, ma criptico per gli altri.