Siccome non si è fatto alcun concreto passo avanti nonostante le discussioni, la presidenza che ha fatto alcune revisioni al suo stesso testo, ha chiesto ai delegati di scrivere gli emendamenti che si vogliono apportare la prossima volta (2-6 agosto a Bonn) per procedere più speditamente
Chiude oggi il negoziato intersessionale di Bonn con, praticamente, un nulla di concretamente fatto sulla strada di Cancun. La chiusura oggi dovrebbe avvenire rapidamente. La maggior parte di delegati vuole lasciare Bonn al più presto possibile per seguire i campionati mondiali di calcio.
Da segnalare la richiesta dei paesi più vulnerabili ai cambiamenti del clima (paesi più poveri Lca, e stati delle piccole isole, Aosis) di considerare come «opzione» anche l’obiettivo di limitare il surriscaldamento del pianeta ad 1,5°C, oltre che quello di 2°C. Richiesta che il Sbsta (l’organo di supporto scientifico) ha fatta sua inserendola nei propri documenti conclusivi. Oggi, questa stessa richiesta dovrebbe essere inserita anche nei documenti conclusivi del gruppo Agw-Lca che ha discusso (ma senza fare passi avanti) in tutti questi giorni un testo più leggero preparato dalla presidenza.
Siccome non si è fatto alcun concreto passo avanti nonostante le discussioni, la presidenza che ha fatto alcune revisioni al suo stesso testo, ha chiesto ai delegati di fare ora i compiti a casa (scrivere gli emendamenti che si vogliono apportare), in modo che la prossima volta (dal 2 al 6 agosto a Bonn) si possa procedere più speditamente.
Da segnalare anche la richiesta della Unione europea, supportata da Giappone, Norvegia e Svizzera di procedere, dalla prossima volta, in sessioni comune «common space» fra Agw-Kp e Agw-Lca su argomenti negoziali che si sovrappongono, affinché ci sia un approccio coerente e coordinato fra impegni e strumenti di attuazione sul breve periodo (al 2020) di cui si occupa Agw-Kp, ed impegni e strumenti di attuazione, che partendo dal breve periodo, si estendono sul lungo periodo (al 2050), di cui si occupa Agk-Lca.
Infine, da segnalare la richiesta di parte dei paesi del G-77 di evitare al 2012 un gap, cioè una interruzione fra vecchio protocollo di Kyoto (quello ora vigente) e nuovo protocollo di Kyoto (quello in discussione al Agw-Kp). Questa richiesta, che in qualche modo si contrappone alla precedente, è in realtà l’affermazione che ci deve essere un nuovo protocollo di Kyoto legalmente vincolante come proseguimento di seconda fase del protocollo di Kyoto esistente.
Sul trattato Agw-Lca, infatti, quasi tutti i Paesi in via di sviluppo non pongono molta fiducia, nonostante rappresenti un quadro strategico condivisibile, perché già i primi segnali di questi giorni a Bonn, non sono affatto incoraggianti.
Per esempio, non sono stati messi a disposizione i finanziamenti previsti del fast track del 2010 e non si sa se ce ne saranno per il 2011 e 2012 (in totale 30 miliardi di dollari), anzi le nuove promesse dimezzano o annullano le promesse iniziali di risorse «nuove ed aggiuntive».
Dal lato impegni ed obblighi, le cose vanno molto male: gli impegni volontari dichiarati a valle del cosiddetto «accordo di Copenhagen» sono ampiamente sottodimensionati e porteranno ad un surriscaldamento del pianeta di 4°C, altro che 2° come pomposamente affermato a Copenhagen.
Sugli strumenti di attuazione e sulla cooperazione internazionale ci sono troppe furbizie e tentativi di diluizione, o di sconvolgimento degli impegni di riduzione delle emissioni,attraverso marchingegni di contabilità artefatte sui sink, sul Lulucf (Land Use, Land-Use Change and Forestry, Uso del Suolo, variazioni dell’uso del suolo e selvicoltura)e persino sul Redd (il processo per la riduzione delle emissioni causate dalla deforestazione e dal degrado forestale), per non parlare degli strumenti tecnologici su cui non ci sono prospettive né certezze sul trasferimento di nuove tecnologie e di know how.
Nel frattempo, gli ambientalisti del Can (Climate Action Network) hanno chiesto che l’Europa torni ad essere un leader battagliero di questi negoziati come lo era stato nel passato, approvi al suo interno la riduzione del 30% al 2020 e si batta per arrivare ad impegni di riduzione del 40% entro il 2020 rispetto al 1990. Poi, gli ambientalisti del Can hanno dato il premio «onorario» di «Fossile del giorno» alla compagnia petrolifera Bp-Usa, perché non solo produce combustibili fossili che sono la causa primaria dei cambiamenti del clima, ma ha aggiunto a questo problema anche l’altro grave dell’inquinamento del Golfo del Messico e forse anche degli oceani, con conseguenti danni alla biodiversità ed agli ecosistemi marini e la distruzione delle zone umide costiere. E tutto ciò in un contesto complessivo di evidente irresponsabilità.
Le premesse, insomma, per Cancun non appaiono esaltanti. (V. F.)