Un incontro fra Rifkin e Petrini, per fare il punto della situazione mondiale attuale proiettata verso il collasso ma in tempo per cambiare rotta e riprendere il giusto ritmo
Nei giorni scorsi abbiamo potuto assistere, tramite la tv satellitare «Repubblica radio Tv», al confronto tra Petrini (Presidente di Slow Food) e Rifkin (economista e attivista americano). Un importante dialogo fra due personalità del mondo sociale ed economico attuale. Un incontro incentrato sulla situazione di vita attuale destinata ad un probabile collasso e alla possibilità di un cambiamento verso una nuova concezione dello stile di vita. Un confronto tra politica alimentare e politica energetica.
Petrini ha affermato che «la nuova politica alimentare che Slow Food cerca di diffondere è basata sull’energia primaria della vita: il cibo. Il disastro che sta creando l’attuale politica alimentare è di proporzioni bibliche. L’agricoltura attuale è basata su colture intensive, con la conseguente distruzione di un sistema diffuso di agricoltura tradizionale in ogni angolo del pianeta. L’agricoltura è passata da una logica olistica ad una logica puramente meccanicistica dove il valore del cibo è ridotto a “semplice merce”. Infatti oggi si produce cibo per 12 miliardi di viventi e siamo 7 miliardi di cui 1 miliardo soffre di mal nutrizione e di fame e le quantità degli sprechi sono impressionanti. In Italia vengono sprecati ogni giorno circa 4mila tonnellate di cibo edibile e negli Stati Uniti 22mila tonnellate. Questo modo di considerare il cibo necessita di un cambiamento a livello individuale, formativo ed educativo».
Rifkin ha raccontato che, nella Wharton School in Pennsylvania, la più antica scuola economica del mondo, tiene un corso di sei settimane per dirigenti industriali delle più grandi compagnie multinazionali, inteso a riorientare il loro modo di pensare così da tenere in debito conto gli effetti che le loro decisioni avranno sull’equilibrio del pianeta. «La prima cosa che gli dico è che devono capire che la base dell’economia del mondo è la fotosintesi; noi sfruttiamo l’energia del sole e creiamo la vita. La specie umana è la specie più giovane sulla terra. Siamo qui da 175mila anni e rappresentiamo solo lo 0,5 % di tutta la biomassa, però utilizziamo il 24% di tutta la fotosintesi. Se si continua su questi ritmi elevati potremmo subire l’estinzione delle generazioni future. Siamo dei mostri che stanno divorando tutte le risorse disponibili e tra 20-30 anni utilizzeremo quasi la metà della fotosintesi del pianeta e questa sarà una situazione insostenibile. Siccome l’agricoltura è la base della civilizzazione, noi senza agricoltura non esisteremmo. Soltanto in presenza di un forte sistema agricolo si può poi costruire un sistema industriale e su questo sistema industriale un sistema di servizi. Ma se l’agricoltura, che è basata sulla fotosintesi, crolla allora crollerà tutta la piramide».
«Il sistema agricolo viene messo a dura prova dalle colture intensive utilizzate per la produzione dei mangimi, circa un terzo di tutta la terra coltivabile sul pianeta viene utilizzato per fare mangimi per animali – ha affermato Rifkin – e anche se la Fao sa che una delle cause principali del cambiamento climatico è proprio l’agricoltura intensiva e gli allevamenti bovini è rassegnata al fatto che la consumazione di carne sia destinata a raddoppiare nei prossimi decenni. Il 60-70% di tutta la terra coltivabile, quindi, verrà utilizzata per fare mangimi per gli animali generando un tremendo spreco energetico che sarebbe evitato se con il grano prodotto venissero sfamati esseri umani con una dieta vegetale. Quindi dobbiamo cambiare le nostre abitudini alimentari oppure dire addio alla sostenibilità.
«L’uomo essendo un onnivoro richiede fisiologicamente una dieta vegetale con piccolissime quantità di carne. Fin dalla sua comparsa sulla terra il genere Homo è sempre stato principalmente un raccoglitore-cacciatore e non cacciatore-raccoglitore, quindi siamo mangiatori di vegetali, e solo occasionalmente abbiamo mangiato nel passato i prodotti della caccia. Quindi se vogliamo fare veramente qualcosa per lo spreco di risorse e contro il cambiamento climatico la prima cosa è ripensare alle nostre abitudini alimentari. Dobbiamo andare verso una nuova dieta, la più vecchia del mondo, la dieta mediterranea».
Rifkin riconosce il cibo come un valore, come un’estensione della personalità umana, un’espressione dell’identità della gente e considera lo scegliere una dieta mediterranea, suggerita da Slow Food, non un passo indietro dal progresso ma una scelta libera da manovre di mercato. «Per esempio – ha affermato – molti paesi hanno detto no agli Ogm, ma questo non vuol dire no al progresso scientifico e alla tecnologia. Per esempio esistono delle pratiche di miglioramento genetico che non rappresentano una fuga in avanti, come gli Ogm, ma sono perfettamente compatibili con la divisione tra regno animale e regno vegetale».
Slow Food è per una alimentazione rispettosa dell’ambiente dei ritmi naturali, che ben si sposa con la dieta mediterranea, alla riscoperta del piacere dello stare a tavola, della lentezza nel gustare il cibo e della conservazione delle tradizioni culinarie locali. Pone una particolare attenzione al passato come base per un nuovo inizio. Nel passato i contadini ponevano maggiore attenzione all’ambiente e alla scelta delle colture da lavorare nei loro terreni senza compromettere nulla.
Petrini ha affermato che negli Stati Uniti, anche grazie al successo ottenuto da Slow Food, è rinata una particolare attenzione per il cibo naturale in contrapposizione al fast-food tipico della cultura americana, per una nuova agricoltura e per i mercati contadini.
«Attualmente c’è una nuova generazione di consumatori che richiedono cibo organico, che non vogliono le tossine e i pesticidi, che rifiutano l’agricoltura industriale per il bene della loro salute, perché pensano che quello che fa male agli animali possa far male alla fine della catena alimentare anche all’uomo che ne fa uso» ha affermato Rifkin.
In questo momento particolare, la diffusione delle conoscenze è fondamentale. La comunicazione è un aspetto cruciale per poter condividere informazioni importanti tali da poter cambiare l’attuale situazione critica in cui stiamo precipitando.
Petrini infatti fa un osservazione sui nuovi strumenti di comunicazione che rendono la diffusione più facile, veloce e facilmente condivisibile. «Oggi si ha una visione orizzontale della comunicazione: internet, gli audiovisivi possono farci uscire dalla monocoltura dello scritto. I nuovi strumenti di comunicazione, che non c’erano nelle società contadine, riescono a non estromettere nessuno dal mondo della conoscenza. Tutti oggi possono accedere all’informazione. Questo è utile e necessario per diffondere l’informazione e non perderla nel tempo e per non perdere l’importanza del ricordo».
«Con la rivoluzione di internet – afferma Rifkin – si è realizzata una comunicazione “distribuita”, ciascuno crea la propria informazione e la condivide con gli altri. In internet l’informazione ha dei flussi completamente liberi e condivisi. Questo tipo di comunicazione adesso, sta convergendo con un nuovo regime energetico altrettanto distribuito e interattivo. Quando la comunicazione distribuita riuscirà ad organizzare e a gestire la produzione dell’energia “distribuita” avremo una nuova potentissima rivoluzione industriale. Le energie “distribuite” sono le energie rinnovabili. Le definiamo distribuite perché si trovano in ogni metro quadrato del pianeta, come il sole, il vento, la geotermia, i rifiuti agricoli forestali,l’idroelettrico, il moto delle maree, la raccolta differenziata dei rifiuti, a differenza delle energie di “élite”, come il carbone, il gas, il petrolio e l’uranio che invece si trovano soltanto in determinati posti e richiedono enormi investimenti ed enormi impegni di carattere geopolitico. Quello che stiamo iniziando a vedere è la convergenza fra la comunicazione distribuita e la produzione di energia distribuita. Questo ha delle grandi implicazioni per il movimento dello Slow food. L’energia distribuita deve esser replicata nel campo dell’agricoltura, il distribuito deve entrare nell’agricoltura. Questa è la terza rivoluzione industriale».
Poi Petrini chiede un’ultima considerazione sul disastro avvenuto nel Golfo del Messico a Rifkin.
Il disastro ecologico deve esser visto come un campanello d’allarme che dovrà esser ascoltato da tutto il mondo per far si che ci sia un vero cambiamento negli stili di vita e del modo di concepire l’industria energetica. Quando vedi la devastazione che l’incidente ha provocato e ti rendi conto che è così fuori controllo, non si può non arrabbiarsi. Il disastro ha causato la tremenda perdita di vita e di biodiversità, per non parlare della distruzione della vita della gente del luogo che basavano la loro attività economica sulla pesca. Noi siamo stati in guerra contro la natura per tanto tempo e ora siamo in guerra con la nostra stessa natura di esseri umani. È arrivato il momento di darci una calmata e di comportarci come esseri umani. Abbiamo mandato segnali nello spazio alla ricerca di vita intelligente sperando che qualcuno ci rispondesse e finora non abbiamo avuto alcuna risposta, mentre proprio qui davanti ai nostri occhi ci sono le forme di vita più belle di quanto noi possiamo immaginare. Siamo tutti qui circondati dalla vita ma la stiamo uccidendo, stiamo facendo guerra alle forme di vita che ci circondano. È giunto il momento di fare pace col pianeta. Stop con la guerra alla natura!».
È arrivato il momento di cambiare, di riuscire a ritrovare il giusto equilibrio tra progresso e qualità della vita. Il confronto fra politica energetica e politica alimentare ha evidenziato delle importanti similitudini fra le due: la necessità di evitare l’uso di una sola risorsa, evitare la centralizzazione della risorsa garantendo una distribuzione razionale della risorsa agricola ed energetica, favorire la risorsa «distribuita» e comunicare e diffondere ciò che si conosce per poter lasciare informazioni a chi verrà dopo.