– Clima, foreste e acqua al Consiglio ambiente Ue
Si ritorna a parlare di clima e, come è di norma negli imponenti consigli internazionali, a confronto sono le scelte politico-economiche dei rappresentanti delle nazioni appartenenti al vecchio continente Europa. Il confronto è stato principalmente approntato sulla discussione della comunicazione della Commissione europea, pubblicata il 26 maggio scorso, comunicazione che dimostra come la riduzione del 30% delle emissioni permetterebbe un beneficio economico per tutta l’Europea in aggiunta a un risparmio di miliardi di euro in spese sanitarie e di decine di miliardi di euro per l’importazione di combustibili fossili.
A supporto di quanto discusso durante il consiglio Ue sono studi pratici effettuati a lungo termine ed interventi diretti di associazioni ambientaliste che dimostrano come, causa la crisi economica in atto, il target, primo imposto, del meno 20%, rappresenterebbe un rallentamento del trend di riduzione delle emissioni e che per avere benefici economici reali e un vero impulso all’innovazione, elementi questi necessari per intraprendere realmente la strada della nuova economia pulita, è necessario porsi un target più alto, pena minacciare alla base la strategia europea sul clima.
E la risposta dell’Italia a tutto questo?
Il nostro ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha annunciato che porterà avanti una ferma opposizione da parte dell’Italia a questo imposto passaggio dal meno 20% al meno 30%. A insorgere a queste dichiarazioni, la voce delle associazioni ambientaliste che tangibilmente hanno a cuore l’ambiente e la sua salvaguardia come primo passo per il benessere di tutti; Wwf, Greenpeace e Legambiente, difatti, sottolineano la necessità di non esportare a livello europeo la «politica del non fare» effettuata finora in Italia sul clima. Perché la politica italiana, che si caratterizza per una completa mancanza di strategia e per provvedimenti contraddittori, sta producendo enormi danni rischiando di far perdere il treno del rilancio verso una nuova economia. L’Italia non è affatto un modello da seguire in campo ambientale, ne è un esempio l’idea insensata di tornare al nucleare, una fonte che da tutti i professionisti nel campo, viene additata come assolutamente pericolosa, impopolare e che farebbe sprecare tempo e risorse nella lotta contro i cambiamenti climatici.
L’attuale modello seguito dall’Italia deve essere corretto in casa e non esportato a livello europeo; in questo particolare momento storico, dove le scelte prese sono strettamente collegate a interessi politico-economici e le strategie predisponete sono unicamente belle manifestazioni di piazza che buttano solo cenere negli occhi per impedire la visuale di problematiche ben più profonde e radicate, noi tutti dobbiamo sentire l’esigenza di informarci, analizzare criticamente la realtà, al di là di quello che i nostri rappresentanti vogliono farci vedere.