Quell’amianto che volava con noi

569
Tempo di lettura: 2 minuti

Fino ad una decina di anni fa, in fase di atterraggio si sollevava una nuvola d’amianto dalle ruote dell’aereo. E quella polvere veniva respirata indistintamente da tutti, sia all’interno dell’abitacolo, sia all’apertura del portellone durante il transito dei passeggeri. Le prime cause e i rischi

I rivestimenti dei forni scaldavivande. I guanti e gli accessori resistenti al calore. Il vano delle ruote del carrello… Mentre la nube del vulcano islandese va disperdendosi, fino a dieci anni fa ce n’era un’altra che minacciava i nostri aerei e tutto ciò che essi contenevano, nonché passeggeri e tutto l’equipaggio: una nube bianca di amianto super concentrato che invadeva inesorabilmente gli abitacoli dei velivoli ad ogni singolo atterraggio.

E a farne maggiormente le spese tutti coloro che rimanevano a contatto prolungato nel tempo con la sostanza velenosa: hostess e steward ovviamente, tuttora impegnati in una lotta per ottenere giustizia.

E i dovuti risarcimenti in termini economici.

La cosa davvero sconcertante, come si rileva fra l’altro anche da una recente inchiesta di Stefania Divertito pubblicata su «Metro», è che i rischi hanno riguardato anche i passeggeri, seppur con entità inferiore.

Insomma, in fase di atterraggio si sollevava una nuvola d’amianto dalle ruote dell’aereo. E quella polvere veniva respirata indistintamente da tutti, sia all’interno dell’abitacolo, sia all’apertura del portellone durante il transito dei passeggeri.

Oggi per fortuna l’amianto non viene più utilizzato nel rivestimento di molte parti dei velivoli, anche se esistono tuttora in circolazione degli apparecchi tanto vecchi da appartenere a quella categoria incriminata.

Ci sono ancora 1.500 dipendenti Alitalia che chiedono il riconoscimento dei benefici dovuti ai lavoratori esposti all’amianto, ma paradossalmente la giustizia si accanisce su una parte di loro: i lavoratori di Capodichino hanno vinto le cause e attendono solo l’indennizzo che comunque non restituirà loro la salute ormai compromessa per sempre, quelli di Fiumicino invece hanno perso il primo grado.

E come al solito la domanda a questo punto nasce spontanea: ma perché noi italiani di questa notizia non ne sapevamo nulla?

Solo ora molti di noi cominciano ad interrogarsi sulla frequenza con la quale in quegli anni prendevano l’aereo.

E tutti i business-men avvezzi all’utilizzo di questo mezzo di trasporto anche due, tre volte a settimana cosa rischiano se rischiano?