Le tigri sono fondamentali per gli ecosistemi in buona salute. Lo sviluppo dei diversi piani nazionali avrà un costo oggi stimato in almeno 356 milioni di dollari. Anche l’Italia dovrà contribuire, per raddoppiare le tigri entro il 2022
I rappresentanti governativi dei 13 paesi che ancora ospitano la tigre e che questa settimana si sono riuniti a Bali per una riunione ad alto livello per il futuro della tigre, hanno gettato le basi per il prossimo incontro intergovernativo che si terrà a San Pietroburgo in Russia nel prossimo settembre, appuntamento dove i leader del mondo avranno la possibilità di concordare un piano storico per raddoppiare il numero di tigri allo stato selvatico.
«Anche se c’è ancora tanto lavoro da fare nelle prossime settimane, questo è stato un incontro decisivo in vista del vertice di S. Pietroburgo – ha detto Massimiliano Rocco responsabile specie Wwf Italia -. Questi 13 paesi hanno lavorato insieme per definire il piano internazionale ed i piani territoriali per fare sì che si possa raddoppiare il numero di tigri allo stato selvatico entro il 2022, prossimo anno della tigre, un obiettivo cruciale e irrinunciabile per salvare questo animale dall’estinzione. I risultati di questo incontro forniranno quel pacchetto di impegni necessari affinché sia un vero successo il prossimo vertice in Russia previsto dal 15 al 18 settembre». Lo sviluppo dei diversi piani nazionali avrà un costo oggi stimato in almeno 356 milioni di dollari, secondo quanto presentato questa settimana. «Ora che questi paesi hanno dimostrato la loro disponibilità ad agire, il successo finale del Summit intergovernativo di San Pietroburgo dipenderà dal sostegno finanziario dell’intera comunità internazionale e dei paesi stessi che ancora ospitano la tigre, ma tutti dovranno contribuire a ciò anche Paesi come l’Italia che sono tra i maggiori consumatori delle risorse forestali di quei Paesi e pertanto coinvolti con le loro scelte nella conservazione di questa specie unica», ha detto Massimiliano Rocco. Tra gli elementi chiave inseriti nel documento concordato tra i 13 paesi convenuti a Bali e che costituirà la dichiarazione di impegno «senza precedenti» assunta sono: – Un accordo che le tigri sono fondamentali per gli ecosistemi in buona salute
– Che gli sforzi di conservazione della tigre sono in primo luogo una responsabilità nazionale, ma che il «sostegno tecnico e finanziario della comunità internazionale» è ancora necessario per salvare le tigri selvatiche
– Che i 13 governi dovranno collaborare su questioni che riguardano le tigri di là delle frontiere, anche garantendo la libertà di movimento e la gestione delle aree comuni di conservazione della tigre
– Aumentare gli sforzi di contrasto per sradicare il bracconaggio, il driver principale della loro perdita e per ridurre il traffico di parti di animale
– Individuazione e tutelare meglio gli habitat chiave, come le zone di riproduzione, quegli ambienti forestali che ancora oggi sono fortemente interessati dai processi di deforestazione per il legname, la polpa o per fare nuove piantagioni di Olio di Palma
– Migliorare la tutela mediante l’attuazione di pattugliamento sistematico delle aree dove vivono e proteggere le loro prede.
Una situazione disastrosa
La popolazione globale selvaggia è ridotta a circa 3.200 individui. Dalle nove sub-specie di tigre, esistono oggi solo sei: il Sumatra, Bengala, Amur, indocinese, la Cina meridionale e tigre malese. Le minacce includono il bracconaggio e il commercio illegale, la frammentazione degli habitat, la perdita delle prede.