La ricerca ha lo scopo di integrare i dati sismici, che forniscono l’immagine delle strutture nel sottosuolo e i dati batimetrici, che forniscono un’immagine dettagliata del fondale marino, con tecniche di biologia e oceanografia marina
Cosa c’è alla base del terribile terremoto, seguito da un altrettanto tragico maremoto, che nel 1905 distrusse le città poste a ridosso dello stretto di Messina? La ricerca di una risposta esauriente è alla base dell’organizzazione di una spedizione che il 28 agosto ha visto la partenza della nave Ogs-Explora diretta al golfo di S. Eufemia, in Calabria. Il gruppo di ricerca in questione, composto da 9 ricercatori e tecnici dell´Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), si è imbarcato con lo scopo di studiare la particolare «struttura sismogenetica», caratterizzante il luogo.
La particolarità della ricerca? La tecnica di studio.
Maria Filomena Loreto, geologa marina Ogs e responsabile scientifico della spedizione per il progetto Istege, anticipa: «Arriveremo nel sito delle indagini il 28 agosto e lavoreremo da sotto costa, a circa 50 m di profondità, andando verso il largo fino a 600 m di profondità. La faglia presente nel golfo di S. Eufemia è di tipo distensivo, cioè durante i periodi di attività sposta porzioni di suolo verso il basso; lateralmente è interrotta da faglie trascorrenti che hanno un movimento laterale. Integreremo i dati sismici, che forniscono l’immagine delle strutture nel sottosuolo, con i dati batimetrici, che forniscono un’immagine dettagliata del fondale marino e che attualmente ancora non esistono. Ma raccoglieremo anche sedimenti marini per studiare le popolazioni batteriche presenti al loro interno, e la loro diversità in relazione all’attività idrotermale».
La zona della faglia, quindi, sarà analizzata usando sia i tradizionali approcci della sismica e gli studi morfo-batimetrici sia tecniche di biologia e oceanografia marina. Ed è proprio quest’ultima componente del progetto, quella biologica, a rappresentare l’interessante novità. Si esamineranno le comunità batteriche presenti nei sedimenti marini, per capire se le colonie batteriche risentano della presenza di gas quali l’acido solfidrico e l’anidride carbonica che fuoriescono lentamente ma costantemente dalla faglia e la cui concentrazione aumenta nei periodi di attività. Gas e batteri, dunque, verranno inquadrati come possibili indicatori naturali dell’attività sismica della faglia. Se quest’ultima dovesse mostrare variazioni nell’attività e se ciò si riflettesse sulle comunità batteriche, ecco trovato un nuovo sistema di monitoraggio da affiancare alle indagini sismiche tradizionali.