Una moda in Slovenia, ma ci si interroga sulla quantità e sulla qualità dei controlli ispettivi, cui questi animali vengono sottoposti prima di essere licenziati al consumo umano
Il Wwf avvisa: l’Italia rischia di veder scomparire ben 266 specie animali. La nota è dello scorso Gennaio. Tra le specie più a rischio ci sono anche mammiferi, quali lupi, lontre ed orsi.
La salvaguardia dell’orso bruno richiederebbe urgenti interventi di conservazione, visto che sta progressivamente scomparendo dai nostri boschi. Piccole e ristrette popolazioni vengono sempre più minacciate da nuovi insediamenti sciistici e abitativi o ridotte per fare spazio ai terreni agricoli.
Come se non bastasse, gli ultimi esemplari presenti sono vittime della cattiva gestione dellacaccia e di sconsiderati atti di bracconaggio.
Alla luce di questo, ve la sentireste di assaggiare carne d’orso? In Slovenia e Romania viene cucinato stufato o utilizzato in ragù per condire pastasciutte.
Slovenia spietata? Consideriamo le cifre a nostra disposizione. Secondo le stime del governo sloveno, il patrimonio plantigrado della nazione oscillerebbe fra i 500 ed addirittura 750 esemplari. Sembrerebbero troppi…
Naturalmente gli ecologisti tendono al ribasso e gli orsi sloveni non sarebbero più di 440-490. Il problema è che sono tutti concentrati in una zona molto limitata del territorio sloveno, al confine con la Croazia, dove 25 esemplari all’anno morirebbero su strade e ferrovie. Da qui la necessità di un abbattimento selettivo, considerati anche gli ingenti danni economici, che ogni anno gli orsi provocano all’agricoltura: 450.000 ? solo nel 2008.
Ci si chiede perché non sia possibile effettuare una pianificazione territoriale, che possa consentire agli orsi di spostarsi anche in altri luoghi. Gli ambientalisti premono per il trasferimento di una colonia nella zona di Tarvisio, in provincia di Udine, al confine tra Slovenia, Austria ed Italia.
Attualmente il nostro paese ospita solo due gruppi stabili di plantigradi: uno sulle Alpi trentine, di 30 esemplari, e uno sull’Appennino abruzzese, con circa 50 orsi.
In ogni caso, fieri delle loro tradizioni e forse incuranti dei problemi legati alla biodiversità, gli chef sloveni continuano a proporre carne d’orso nei loro menu.
Si tratta di una carne poco distante da quella di manzo per quanto concerne i valori nutrizionali: 70% di proteine e 30% di grassi, 161 Kcal ogni 100 grammi di prodotto. Trattandosi di selvatici, però, odore e sapore sono molti forti, quasi aggressivi per il nostro palato.
Prendiamo, ad esempio, le zampe. Utilizzate per preparare sughi e condimenti, sono, tuttavia, molto ricche di collagene, motivo per cui richiedono lunghe cotture per sciogliere le cartilagini e ammorbidire le carni. Inoltre, per domare il sapore, vanno consumate con l’aggiunta di verdure e spezie.
Per di più… ci si interroga sulla quantità e sulla qualità dei controlli ispettivi, cui questi animali vengono sottoposti prima di essere licenziati al consumo umano. Occasionalmente l’uomo può contrarre una parassitosi consumando carne di orso cruda o poco cotta, così come avviene per gli Eschimesi o per i cani da slitta. Il parassita in questione, Trichinella spp., non dà segni clinici nell’animale, quindi non permette di distinguere i sani dai malati, a meno di esami specifici.
La trichinellosi può colpire anche cavalli, suini e cinghiali, ma i servizi veterinari italiani controllano quotidianamente le carni in sede di macellazione.
Nell’uomo il parassita provoca febbre ed enterite, ma nel giro di due settimane si localizza a livello muscolare, con gravi compromissioni cardiache. Se l’infestazione non viene trattata subito con antiparassitari ed antinfiammatori adeguati, può avere esito letale.
Non si tratta, dunque, di scandalizzarsi per il consumo di carne d’orso. Dopo tutto, anche cervi, caprioli, lepri e cinghiali sono illustri abitanti dei boschi. La differenza sta nel numero. E non si capisce perché tutto debba diventare «di moda», anche se si tratta di un comportamento distruttivo.