Nassiriya sul red carpet del festival di Venezia

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Non capita molto spesso di ritrovare la realtà nuda e cruda camminare a braccetto delle grandi star del cinema. Quest’anno, però, sul red carpet della 67ma Mostra del Cinema di Venezia l’assurdità della strage di Nassiriya ha aperto una breccia nel mondo sfavillante del cinema internazionale.

Stiamo parlando di «20 sigarette», l’opera di Aureliano Amadei che ha conquistato il premio come miglior film nella sezione Controcampo italiano, votato all’unanimità dalla giuria presieduta da Valerio Mastrandrea.

È la sconvolgente storia autobiografica di Aureliano, 28 anni all’epoca dei fatti, antimilitarista, anarchico, precario nel lavoro e nei sentimenti, che all’improvviso si ritrova al centro della Storia, quella con la S maiuscola, senza averlo mai desiderato. Quando il regista Stefano Rolla propone ad Amadei (interpretato nel film da un toccante Vinicio Marchionni) di fargli da assistente alla regia per un film che sta girando in Iraq, Aureliano non è molto contento: il mondo militare lui non l’ha mai condiviso e approvato. Ma è senza lavoro e non ha grandi alternative. A Nassiriya il protagonista scopre un mondo fatto di umanità e un senso di fratellanza inaspettati, ma non fa neppure in tempo a finire un pacchetto di sigarette che si ritrova coinvolto nell’attentato del 12 novembre 2003, nel quale persero la vita 19 militari italiani. All’improvviso tutto cambia e la guerra mostra la sua vera faccia, facendo di Aureliano l’unico superstite della strage e regalandogli un piede maciullato.

Una storia sentitissima quella raccontata da Amadei. Una ferita che ancora brucia al solo ricordo per moltissimi italiani, per le famiglie di quei 19 soldati che fanno ancora i conti con una guerra senza perché. Amadei non scade nemmeno per un attimo nella scontata retorica dei telegiornali e di molti organi di stampa, riesce a narrare la sua storia in tutta la sua assurdità con estremo realismo. La telecamera che trema, le soggettive, le scene di rara crudeltà che non lasciano spazio ad alcun buonismo riescono a conferire alla pellicola tutta la tragicità di una strage come quella di Nassiriya. E lasciano allo spettatore il tempo e il modo di riflettere sull’inganno e sulla inutilità della guerra in Iraq.