Quei «tesori» in fondo al mare

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Ad accendere la miccia è forse stato il disastro della Deep Water Horizon, paradossalmente poca roba rispetto alla minaccia rappresentata dalle enormi quantità di composti tossici rilasciate nell’ecosistema marino da migliaia di relitti a cominciare dalle navi reduci dalla seconda guerra mondiale, se ne contano addirittura quasi 10.000

I numerosi relitti marini che oggi giacciono sui fondali degli oceani rischiano di rappresentare nel prossimo futuro un rilevante problema ambientale dando vita ad un disastro ecologico di dimensioni smisurate. I media ne parlano poco ancora, in una società a cui piace alterare i saperi, la disinformazione si sparge a macchia d’olio nel campo ambientale, ma è solo questione di tempo, si spera.

Ad accendere la miccia è forse stato il disastro della Deep Water Horizon, paradossalmente poca roba rispetto alla minaccia rappresentata dalle enormi quantità di composti tossici rilasciate nell’ecosistema marino da migliaia di relitti.

Fonte di maggior preoccupazione è rappresentata dalle navi reduci dalla seconda guerra mondiale, si contano addirittura quasi 10.000 vascelli affondati durante il conflitto. Il relitto marino rilascia spropositate quantità di contenuti nocivi come combustibile, oli lubrificanti e pitture antifouling, esempi di componenti tossici assolutamente dannose per l’ambiente.

Sempre con riferimento ai relitti postbellici, si stima che essi possano nell’arco dei prossimi 10 anni rilasciare fino a 20 milioni di tonnellate di tali sostanze, comportando in futuro non solo ingenti costi di risanamento, ma anche e soprattutto gravi pericoli per i pescatori e pesanti conseguenze per gli organismi marini.

Un esempio di danni causati da relitti non risalenti alla guerra è invece il caso del Jacob Luckenbach (Usa), nel 2002. In quel caso non si riuscì ad evitare un notevole versamento di inquinanti dai serbatoi.

Solo negli ultimi anni, e precisamente nel 2007, la Commissione europea, ha finanziato l’European guidelines for Potentially Polluting shipwrecks (progetto Deepp) con l’obiettivo di fornire alle Amministrazioni Pubbliche Nazionale delle linee guida per fronteggiare il pericolo ambientale derivante dalla corrosione dei relitti marini.

Nonostante la vastità delle zone di affondamento da scandagliare, il numero notevole delle Sia (Sorgenti inquinanti affondate) e gli ingenti costi costituiscano un ostacolo arduo, ma sicuramente non insormontabile, gli interventi di bonifica preventiva sono ancora oggi solo in leggero aumento.

Questo è dovuto probabilmente al fatto che in una società in cui chi comanda è l’interesse speculativo non basti solo promulgare leggi. Bisognerebbe una volta prescindere esclusivamente dal valore di mercato, e tutelare anche ciò da cui non si possano trarre solo profitti economici, come «per esempio», il nostro ecosistema marino.