Secondo il ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, «in un contesto mondiale la politica agricola di un singolo stato fa ridere» ed «è troppo comodo regolare anche le misure che devono avere le banane e poi, quando il problema è spinoso, lasciare libertà di scelta. È proprio su queste cose che serve una politica comune»
Si torna a parlare di Ogm e da protagonista questa volta troviamo il Ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, che continua, un giorno sì e l’altro pure, a discutere sull’argomento senza però ancora aver fatto capire la sua posizione in merito alla questione.
Questa è l’impressione che anima i componenti della task force per una Italia libera da Ogm, task force composta da 27 organizzazioni del mondo produttivo, del consumo e dell’ambiente, in riferimento alla scelta del ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, di delegare all’Unione europea le decisioni sulla coltivazione degli organismi geneticamente modificati (Ogm).
Secondo Galan, infatti, «in un contesto mondiale la politica agricola di un singolo stato fa ridere» ed «è troppo comodo regolare anche le misure che devono avere le banane e poi, quando il problema è spinoso, lasciare libertà di scelta. È proprio su queste cose che serve una politica comune».
Una posizione intesa, per i più vicini all’argomento, come estremamente di comodo e non comparabile, come invece si vuol far pensare per giustificare le non scelte dell’Italia, a quella presa da altre nazioni europee come la Francia, la Germania, la Spagna, l’Inghilterra e la Polonia, che si appellano, sì, ad una decisione europea avendo, però, di base già scelto il no alla coltivazione del mais transgenico con l’attivazione della clausola di salvaguardia. Ma l’Italia politica è, per caso, favorevole agli Ogm? Se così, il Ministro se ne assuma fino in fondo la responsabilità dell’idea, si faccia accordare dal Parlamento e dalle Regioni la decisione e poi porti la «sua individuale» posizione in Europa. Noi cittadini europei, fino a quando non saremo sicuri che i pericoli delle colture geneticamente modificate saranno affrontati in maniera adeguata, chiediamo al ministro Galan e ai ministri dell’Ue di presentare una moratoria sulle autorizzazioni in fase di rilascio.
L’argomento, da queste brevi battute, risulta assolutamente aperto; si dovrà studiare la compatibilità delle coltivazioni Ogm con i regolamenti e i trattati internazionali ed europei. E per quanto riguarda l’Italia? Gli obblighi restano; le regioni devono definire i principi e i criteri della coesistenza al più presto. Ad ora, ci conforta la decisione del Gip del tribunale di Pordenone, Piera Binotto, che ha chiesto 25mila euro di multa, la confisca e la distruzione dei prodotti del campo di mais di Fanna di proprietà di Giorgio Fidenato. Le perizie hanno infatti accertato che è stato seminato a mais ogm, del tipo Mon810, una varietà brevettata dalla multinazionale Monsanto. Una decisione che per quanto equa e condivisa da più fazioni risulta confusa nella sua impostazione iniziale tanto che Fidenato, artefice del subbuglio messo in scena in Fvg, evoca «arriverò fino alla Corte di giustizia europea, il diritto comunitario mi darà ragione. Sarei in una situazione kafkiana se non potessi coltivare liberamente quello che per legge è consentito».
Nemmeno, quindi, con la decisione del Gip del tribunale di Pordenone la vicenda può dirsi conclusa, al contrario assolutamente disorganica. La battaglia di diritto prosegue, in ballo una normativa europea che contrasta con quella nazionale, piani di coesistenza che dovrebbero far capo alle Regioni e che secondo recenti interpretazioni la normativa europea stessa starebbe rivedendo. In definitiva, si riscontra un quadro di assoluta incertezza, con posizioni contrastanti, spesso incoerenti e non seguenti un iter di logica. Saranno veramente a rischio le colture tradizionali e biologiche? Noi, che abbiamo a cuore la salute dell’ambiente e dell’uomo, chiediamo chiarezza dei dati e diffusione dei risultati.