Scatolette di tonno anche senza… tonno

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Un laboratorio indipendente su 165 scatolette di tonno, provenienti da 12 Paesi, europei e non, tra cui l’Italia, ha scoperto che una scatoletta su tre contiene specie differenti di tonno mescolate insieme o diverse da quanto indicato in etichetta

Greenpeace rende noti i risultati delle analisi genetiche condotte dal laboratorio indipendente spagnolo Azti Tecnalia su 165 scatolette di tonno, provenienti da 12 Paesi, europei e non, tra cui l’Italia. Una scatoletta su tre contiene specie differenti di tonno mescolate insieme o diverse da quanto indicato in etichetta o che possono variare a seconda del lotto di provenienza. Le scatolette analizzate appartengono tutte a marche molto popolari sul mercato mondiale, tra le altre Nostromo, Mare Aperto Star, Riomare e Carrefour.

Mescolare due specie diverse di tonno nella stessa scatoletta è una pratica illegale in Europa. Dalle nostre analisi risulta anche che, passando da una scatoletta all’altra dello stesso prodotto, il consumatore può trovare specie differenti di tonno. Questo avviene, per esempio, per i prodotti Nostromo e Mare Aperto Star, testati in Italia. In questi casi viene usata un’etichetta del tutto generica «Ingredienti: tonno», tanto legale quanto inaccettabile, che impedisce al consumatore di sapere con certezza cosa mangerà.

Le analisi, inoltre, rivelano che alcune delle scatolette campionate contengono specie diverse da quanto indicato in etichetta e che tra le specie inscatolate finiscono anche quelle sovrasfruttate, come il tonno obeso.

«Quando un consumatore mette nel carrello della spesa una scatoletta di tonno non sa realmente cosa compra. Purtroppo, la maggior parte dei prodotti presenti sul mercato – denuncia Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace – non offrono sufficienti garanzie né sul tipo di tonno che portiamo in tavola né sulla sostenibilità dei metodi con cui è stato pescato».

Tra i principali fattori che contribuiscono a far finire nelle scatolette diverse specie di tonno, comprese alcune sovrasfruttate, Greenpeace ha identificato l’utilizzo di metodi di pesca poco sostenibili, come le reti a circuizione con «sistemi di aggregazione per pesci» o Fad. I Fad sono oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno, ma anche specie minacciate come tartarughe marine, squali balena e altri pesci che regolarmente finiscono in queste reti in modo accidentale. Una volta pescati, tonni diversi vengono conservati e congelati tutti insieme a bordo, e la loro identificazione risulta difficile.

A quasi un anno dal lancio della classifica «Rompiscatole», Greenpeace chiede che l’industria del tonno in scatola e le grandi catene di distribuzione garantiscano finalmente piena trasparenza ai consumatori e si impegnino a vendere solo tonno pescato in maniera sostenibile.

«L’utilizzo dei Fad sta distruggendo l’ecosistema marino e conducendo gli stock di tonno verso il collasso. Se vogliamo salvare il tonno tropicale prima che venga totalmente compromesso, come è successo per il tonno rosso del Mediterraneo, è necessario eliminare i metodi di pesca più distruttivi, ridurre lo sforzo di pesca e tutelare con riserve marine le aree più importanti per la biologia di queste specie» conclude Giorgia Monti.

– Scarica il report «A scatola chiusa»

Report del laboratorio Azti Tecnalia

– Visita il sito «Tonno in trappola»

(Fonte Greenpeace)