Le giacenze sono oltre 5.700 tonnellate. I sondaggi mostrano che oltre il 70% dei giapponesi non è favorevole alla caccia. Greenpeace da diversi anni lavora per esporre agli occhi dei contribuenti l’assurdità di queste attività
Partenza difficile quest’anno per la caccia baleniera giapponese: in ritardo e con una flotta ridotta all’osso. Le navi baleniere sono partite solo oggi per l’Oceano Antartico perché non c’è alcun mercato per la carne di balena. Nei frigoriferi del «progetto di ricerca» giapponese ci sono oltre 5.700 tonnellate di carne di balena invendute che avrebbero dovuto finanziare la caccia.
«In oltre vent’anni la flotta giapponese non ha mai posticipato fino a dicembre la propria partenza – ricorda Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia -. Le vendite di carne di balena sono talmente scarse, che quest’anno la flotta baleniera del Giappone non può più permettersi di affittare la nave per fare rifornimento di carburante in mare. Ecco perché la stagione di caccia è stata accorciata».
La flotta, che era solita partire agli inizi di novembre per ritornare in porto ad aprile, sarà impegnata nella caccia per un periodo di tempo più limitato. La nave di appoggio della flotta, la Hiyo Maru, che era solita rifornire di carburante le navi baleniere e trasportare carne di balena congelata in Giappone, è stata smantellata a settembre di quest’anno. Uno dei tre arpionatori, la nave Yushin Maru 3, sarà, invece, utilizzata per avvistare le balene, operando a una certa distanza dalla nave fattoria, visto che le due navi che erano solitamente utilizzate per l’avvistamento sono state vendute o smantellate. Con questi tagli alla flotta, il Giappone probabilmente sarà in grado di cacciare solo la metà della quota.
«Stiamo assistendo al collasso definitivo di un’industria ormai morente: oltre a perdere pezzi, la flotta giapponese sta perdendo l’appoggio dell’opinione pubblica e non riesce nemmeno a reclutare gli equipaggi – continua Monti -. Ormai in Giappone si sono accorti di questo spreco, pagato con le tasse dei contribuenti, che continua a far arrivare sul mercato prodotti che nessuno vuole. È ora di porre fine a questa caccia sconsiderata una volta per tutte!».
I sondaggi mostrano che oltre il 70% dei giapponesi non è favorevole alla caccia baleniera. Greenpeace da diversi anni lavora proprio in Giappone per esporre agli occhi dei contribuenti l’assurdità di queste attività: è solo grazie alle loro tasse che si continuano a uccidere balene all’interno di un Santuario riconosciuto a livello internazionale. Greenpeace ha ripetutamente esposto la corruzione alla base di questo programma di caccia così detta «scientifica»: due attivisti sono stati recentemente condannati proprio per aver denunciato un commercio illegale di carne di balena.
Dopo il fallimento dei negoziati all’ultima riunione della Commissione Baleniera internazionale, è ora che il Giappone blocchi i sussidi e chieda indietro i prestiti concessi agli operatori del settore. Questa deve essere l’ultima spedizione di caccia alle balene in Antartide!
(Fonte Greenpeace)