L’origine di questa cura alternativa. Ha un problema fondamentale: quello della misurazione riproducibile. Per questo non è accettata dalla medicina ufficiale
La Medicina non convenzionale o alternativa o naturale ha origini parallele alla scoperta, da parte dell’uomo primitivo, delle proprie risorse per tenere lontano il male ed alleviare un dolore. La medicina dell’uomo primitivo nasce e si sviluppa con la necessità di dover affrontare le diverse patologie con le tecniche e gli strumenti di allora, tutte cose molto naturali.
Inizialmente, in tutte le civiltà primitive, la malattia è stata concepita come un castigo divino, la guarigione come una concessione, un favore o una grazia resa all’uomo da parte della divinità. Tutte le medicine ebbero un inizio religioso, che divenne magico e, infine, empirico.
Sono medicine non convenzionali la fitoterapia, l’agopuntura, la medicina tradizionale cinese, la floriterapia, l’aromaterapia, l’omotossicologia e l’omeopatia. Quest’ultima, fra tutte, è la più utilizzata; si calcola che poco più del 16% della popolazione nazionale ricorra a questo tipo di medicina in caso di necessità.
Benché la nascita dell’omeopatia risalga al XVII secolo, per opera del medico tedesco C. S. Hahnemann, le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Il concetto di curare con i simili, ancora oggi base della moderna dottrina omeopatica, era presente nella più antica medicina conosciuta, l’Ayurvedica indiana, ed anche in molte altre medicine primitive, non solo orientali. Lo stesso Ippocrate, nel IV sec. a.C., ben conosceva la teoria dei simili, teoria per cui l’assunzione di alcuni tossici, se effettuata in piccole dosi, riusciva a curare la stessa sintomatologia che, a dosi più elevate, invece provocava. La teoria dei simili portò alla nascita della medicina dei simili, l’Omeopatia.
Il concetto di malattia che si trova alla base della terapia omeopatica è molto distante dal concetto tradizionale della cultura occidentale, è molto più simile alla visione orientale. Laddove, in Occidente, siamo soliti avere una concezione meccanicista del nostro organismo, per cui la malattia si instaura nel momento in cui c’è un malfunzionamento di una parte del corpo, nel modello orientale è lo squilibrio dell’energia vitale che porta allo stato di malessere. La causa di malattia è sempre interna e sull’interno si deve agire se si vuole raggiungere la guarigione.
Ciò premesso, vediamo come Hahnemann sviluppò la dottrina omeopatica. Egli era un medico classico del suo tempo, curava i suoi pazienti con i mezzi a disposizione dell’epoca: purganti, salassi e preparati vegetali. Siamo in un epoca precedente a Pasteur, non ci sono microscopi, Hahnemann non conosce la teoria microbica e non ha disposizione gli antibiotici. Si racconta che, insoddisfatto da questi sistemi di cura, egli iniziò a dedicarsi alla ricerca di nuovi metodi di cura, più efficaci. Fu così che, durante un’epidemia di febbre malarica, egli stesso verificò che la china (chinino), rimedio comunemente somministrato per curare questa malattia, se assunto da un individuo sano, provocava in lui uno stadio febbrile molto simile a quello causato dalla malaria. Da qui Hahnemann iniziò ad elaborare la sua teoria dei simili, assumendo che «i simili potevano curare i simili» e sperimentando su di sé e sui propri familiari questo nuovo metodo di cura. I positivi risultati ottenuti lo spinsero ad indagare altri rimedi forniti dalla natura e ne descrisse ben 61. I rimedi omeopatici si contrappongono ai farmaci allopatici, propri della medicina tradizionale, che sono soliti curare il sintomo opponendosi allo stesso. Alcuni esempi: anti-infiammatori, anti-biotici, anti-piretici, anti-virali, anti-neoplastici. I farmaci allopatici sono «Anti», contrastano il sintomo.
Se si tratta solo di una medicina diversa, con differenti metodi applicativi, perché non la si può riconoscere ufficialmente? In effetti si pone un problema fondamentale, quello della misurazione riproducibile. I rimedi omeopatici, infatti, sono (per la loro natura «tossica») molto diluiti: tanto diluiti che, con i mezzi attuali, non siamo in grado di ritrovarvi la sostanza originaria. Questo spiega le incertezze di chi si oppone all’uso dell’omeopatia. Al contrario, i suoi sostenitori affermano che, poiché la malattia nasce a livello energetico interno, il rimedio è soltanto una informazione curativa, che trasmette il messaggio attraverso il canale energetico anziché molecolare. Il rimedio, infatti, non solo è diluito, ma viene anche potenziato. La potentizzazione viene effettuata mediante dinamizzazione, processo che consiste nel caricare d’energia il rimedio diluito, mediante agitazione manuale (energia cinetica).
Se la chimica può spiegare la medicina tradizionale allopatica, solo la fisica, in futuro, probabilmente potrà riuscire a dare basi concrete alla medicina omeopatica.