Il monitoraggio a lungo termine è fondamentale per lo studio degli ecosistemi forestali in relazione all’inquinamento e ai cambiamenti climatici in corso
I cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico continuano a minacciare le foreste che mostrano preoccupanti segnali di allarme. Circa il 35% degli ecosistemi forestali è colpito infatti da agenti biotici (riconducibili a parassiti come funghi, insetti e batteri) e da agenti abiotici (ad esempio le alterazioni climatiche).
Proprio per questo gli alberi hanno subito una defoliazione superiore al 30% del totale delle piante e una decolorazione di quasi il 10%. Questi i principali risultati del Progetto Life+ «FutMon» (Further Development and Implementation of an EU-level Forest Monitoring System, Ulteriore Sviluppo ed Applicazione di un Sistema di Monitoraggio delle Foreste a livello di Unione europea), approvato e co-finanziato dalla Commissione europea per un totale di 35 milioni di euro e finalizzato alla creazione di una rete di monitoraggio a lungo termine sullo stato di salute delle foreste europee, illustrato nei giorni scorsi al Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Per la prima volta in Italia ed in Europa l’attività di monitoraggio delle foreste è stata realizzata grazie ad una nuova rete che ha unificato le principali reti nazionali ed internazionali esistenti (in particolare le reti ICP-Foreste e le reti degli Inventari Forestali Nazionali), fornendo così dati armonizzati e più precisi. Se è vero che lo stato di salute delle nostre foreste è preoccupante, è necessario evidenziare anche che negli ultimi due anni la situazione è rimasta stabile e non ha visto ulteriori fenomeni di peggioramento. In particolare le conifere mostrano una situazione sostanzialmente migliore delle latifoglie, tra le quali le più danneggiate risultano essere le querce caducifoglie (la roverella in particolare) e i castagni. Tra i principali fattori di degrado vanno segnalati gli ossidi di azoto, derivanti dalla combustione dei motori a scoppio e dall’attività industriale in genere, che ricadono al suolo con le precipitazioni, modificando sostanzialmente le caratteristiche del terreno.
Nocivo è il ruolo dell’ozono atmosferico che, soprattutto in presenza del pulviscolo atmosferico nelle calde giornate d’estate, provoca notevoli danni alle strutture vegetali. Le concentrazioni di ozono, infatti, superano il livello critico in tutti i siti di monitoraggio, diminuendo la vitalità delle specie forestali più sensibili, tra cui la principale è il faggio.
Il monitoraggio a lungo termine rappresenta uno strumento fondamentale per lo studio dello stato di salute degli ecosistemi forestali europei nel tempo, soprattutto in relazione alle strategie di adattamento adottate in risposta ai cambiamenti climatici in corso. Proprio per questo nel 2008, a livello europeo, è emersa la necessità di rivedere le reti di monitoraggio esistenti nei vari Stati, al fine di pianificarne l’integrazione e un più razionale utilizzo delle informazioni. Tale esigenza è stata soddisfatta con la realizzazione del progetto «FutMon».
Il progetto, coordinato dal Johann Heinrich von Thunen-Institut di Amburgo, vede la partecipazione di 24 Paesi Membri dell’Unione europea e di 38 partner. L’Italia partecipa attraverso le attività del Corpo forestale dello Stato, del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura e del Consiglio nazionale delle ricerche. Sotto la lente degli esperti la condizione della vegetazione, delle chiome, il contenuto chimico delle foglie e dei suoli, le variazioni dell’accrescimento degli alberi, le deposizioni atmosferiche, il clima e il microclima, l’ozono e la biodiversità. Insomma un vero e proprio chek-up che consente di conoscere lo stato di salute dei nostri ecosistemi verdi.
(Fonte Corpo forestale dello Stato)