Destino segnato per i ghiacciai

647
Tempo di lettura: 2 minuti

In due articoli sul contributo dello scioglimento dei ghiacci all’innalzamento del livello del mare si parla ormai di cambiamento climatico irreversibile

Alcuni giorni fa sulla rivista on-line «Nature Geoscience» era apparso un articolo sui cambiamenti climatici di lungo periodo (oltre mille anni) effettuato dal Centro canadese di modellistica climatica della British Columbia, in collaborazione con l’Università di Calgary, secondo cui la possibilità di un cambiamento climatico globale irreversibile appare ormai inevitabile. Un cambiamento climatico che, anche se si azzerassero le emissioni di gas serra prima del 2100, porterebbe ad un riscaldamento terrestre, soprattutto nell’emisfero nord, che sarebbe inarrestabile, seguito però da un successivo raffreddamento dopo il 2100 e prima dell’anno 3000.

Nell’emisfero sud, invece, il riscaldamento climatico procederebbe a ritmi più lenti ma continui ed andrebbe avanti per tutto il corrente millennio, fino all’anno 3000. Di conseguenza, ci sarebbero due fasi. Nella prima fase, che riguarda il prossimo centinaio d’anni, il maggior contributo all’innalzamento del livello del mare verrebbe dalla espansione termica degli oceani e parzialmente dalla fusione dei ghiacci artici (attorno alla decina o al massimo attorno a qualche decina di centimetri).

Successivamente, nella seconda fase, a causa del raffreddamento dell’emisfero nord (per il rallentamento o la scomparsa della corrente del Golfo), il maggior contributo all’innalzamento del livello del mare verrebbe dalla fusione dei ghiacci antartici, molto più consistenti, che farebbero sollevare l’attuale livello del mare di almeno 4 metri entro l’anno 3000.

Ieri, invece, sulla stessa rivista, «Nature Geoscience», è apparso un altro articolo sullo stesso argomento, ma questa volta relativo alle ricerche della Università della British Columbia sul contributo all’innalzamento del livello del mare entro il 2100, derivante dalla fusione dei ghiacciai continentali presenti nelle diverse catene montuose del mondo. Il contributo complessivo di tali ghiacciai è stato stimato in 12 centimetri di innalzamento del livello del mare al 2100, che si sommerebbero all’innalzamento del livello del mare a causa della fusione dei ghiacci della Groenlandia e per cause termosteriche (dovute alla espansione termica degli oceani ed alla diminuzione della loro salinità).

I ghiacciai analizzati sono stati 120mila (esclusa Groenlandia ed Antartide) ed il contributo maggiore verrebbe dalla fusione di quelli canadesi, di quelli dell’Alaska, dai ghiacciai alpini e neozelandesi, dai ghiacciai del Caucaso e da minori contributi provenienti e dagli altri ghiacciai alle medie e basse latitudini. Il volume complessivo perso da tutti i ghiacciai continentali mondiali (esclusi i ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide) ammonterebbe a circa il 21% del loro volume complessivo, ma con variazioni comprese fra perdite minime attorno all’8% e perdite massime attorno al 75% di volume. Le perdite maggiori, comunque, riguardano i ghiacciai delle Alpi, del Caucaso, quelli dell’arcipelago a nord della Russia: Franz Josef land e quelli degli arcipelaghi e delle isole sub antartiche. (V. F.)