Sono quelli messi in campo dal Wwf. L’azione degli avvocati svela un’illegalità ambientale costante e diffusa dal nord al sud del paese. L’Associazione chiede di inserire i «Delitti contro l’ambiente» nel codice e attuare la Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente
«Dei delitti e delle pene contro l’ambiente»: si potrebbe intitolare così, in coincidenza con l’apertura ufficiale dell’Anno giudiziario, il bilancio diffuso dal Wwf sull’attività del proprio settore legale contro i crimini ambientali, un’attività silente e costante a servizio della società civile i cui numeri denunciano come i delitti contro ambiente e salute in Italia siano all’ordine del giorno provocando un vero e proprio «danno alla nazione, vera misura dei delitti» per continuare a citare Cesare Beccaria.
Sono decine gli eco-avvocati che, solo nel 2010, hanno seguito per conto del Wwf oltre 250 udienze nei tribunali italiani penali ed amministrativi. Dal 1986 ad oggi sono oltre 300 gli avvocati che, almeno una volta, si sono battuti insieme al Wwf contro l’illegalità ambientale in oltre 2.000 giudizi in cui l’associazione ha preso parte. Dal nord al sud contro industrie inquinanti, enti locali colpevoli di violazioni in materia di caccia, contro privati per salvare l’integrità dei boschi o dei fiumi, ricorsi per conto di cittadini o associazioni locali contro inquinamenti o espansione di cave, ricorsi contro progetti deturpanti per il paesaggio o abusivi, opposizioni o ricorsi contro progetti di grande opere prive di Valutazione di impatto ambientale, costituzione di parte civile contro incendiari o bracconieri, e infine contro industrie ricomprese negli elenchi dei siti da bonificare colpevoli di inquinamenti illeciti e altri gravi reati ambientali.
È possibile ascoltare il racconto di alcune delle battaglie più importanti svolte in questi ultimi anni dalla voce degli eco-avvocati stessi in una speciale pagina web sul sito del Wwf realizzata per celebrare l’Anno giudiziario, «La parola agli avvocati».
L’attività degli eco-avvocati conferma una realtà drammatica: il numero delle violazioni in materia di tutela ambientale, salute e sicurezza dei lavoratori e dei cittadini è altissimo (uno ogni 43 minuti, dato del ministero dell’Ambiente nel 2010) e, pur consapevoli che i processi seguiti direttamente dal Wwf siano solamente una goccia nell’oceano, sono state oltre 250 le udienze alle quali hanno presenziato gli avvocati del Wwf nel solo 2010. Questo vuol dire che ogni giorno in un’aula di Tribunale italiano prende la parola un avvocato del Panda per difendere l’ambiente e che in un anno sono oltre 1.000 le ore di impegno che complessivamente questi validi professionisti dedicano, a nome del Wwf, alla tutela di un territorio purtroppo sempre più considerato solo come fonte di lucrosi ed illeciti guadagni e che ha visto l’infiltrazione della criminalità organizzata all’interno di molte attività illecite. In questo momento il Wwf è presente ed è parte attiva in oltre 300 processi tuttora pendenti, un grande sforzo a difesa degli interessi della collettività attuato anche con l’aiuto degli avvocati e delle migliaia di sostenitori.
«In occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario vogliamo sottolineare come il ruolo della Magistratura sia fondamentale per dare una corretta lettura e applicazione di norme troppo spesso travisate da inquinatori senza scrupoli e da una parte dell’amministrazione non sufficientemente preparata sull’importanza della tutela dell’ambiente – ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente del Wwf Italia -. La magistratura svolge quel ruolo fondamentale di “grande saggio” che non solo sanziona ma indirizza correttamente l’azione della società che può incidere sul patrimonio naturale e la salute dei cittadini ed è quindi importantissimo anche avere un buon esercito di avvocati che oltre a rappresentare in giudizio queste istanze sappiano trasmettere questa saggezza anche al di fuori delle aule dei Tribunali».
Il ruolo delle intercettazioni
Le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per fermare i crimini ambientali: sono numerosissimi i casi di importanti processi per grandi inquinamenti industriali, traffici di rifiuti e sostanze pericolose, scempi territoriali come cave abusive, cementificazioni illegali che sono nati a seguito di pazienti e lunghe indagini svolte anche attraverso le intercettazioni. Se si togliesse questo strumento ai magistrati molti dei reati cosiddetti «ambientali» non potrebbero essere più scoperti, in primis tutti quelli sul traffico illegale di rifiuti, una delle piaghe del nostro paese. Il Wwf ha sott’occhio alcuni processi in cui lo strumento intercettazioni sta svolgendo un ruolo importante; quello sul commissariamento rifiuti in Campania, sull’inquinamento del petrolchimico di Priolo, contro le cave abusive nel Salernitano (in cui sono imputati anche funzionari pubblici).
Molti e gravi reati ambientali nascono non da un evento diretto (ed esempio l’industria che scarica sostanze inquinanti in un fiume), ma da reati fiscali o amministrativi (falsi documenti, autorizzazioni illegali, corruzioni di pubblici amministratori, truffe). Spesso quindi gli inquirenti riescono a scoprire casi gravi di inquinamento attraverso intercettazioni svolte su pubblici amministratori per reati cosiddetti «minori». Infine, e questi sono i casi più gravi, si spunterebbero anche molte armi investigative per la lotta alle «ecomafie», spesso coinvolte in molti crimini ambientali e spesso gli «ecomafiosi» ed i loro complici vengono scoperti attraverso indagini compiute su altri fatti non direttamente collegati. In altre parole: difficilmente oggi un’indagine nasce ipotizzando da subito il reato di associazione mafiosa. È più frequente che da un caso di estorsione, incendio, minacce si arrivi alla contestazione del più grave reato associativo, dietro al qual spesso si nascondono i grandi traffici di rifiuti, le speculazioni selvagge e le mille e sempre più sofisticate maniere che i «criminali ambientali» escogitano per lucrare a danno dell’ambiente e della salute.
Le battaglie vinte e le sfide ancora aperte
L’attività giudiziaria del Wwf ha visto riconoscere le ragioni dell’ambiente e della salute in importanti processi e ricorsi come quello contro la Solvay per difendere l’accesso all’acqua potabile da parte dei cittadini in un’area di crisi idrica, o contro le escavazioni abusive lungo alcuni grandi fiumi, Po, Adige e Brenta o l’ultima in ordine temporale contro l’Enel i cui amministratori delegati sono stati riconosciuti colpevoli di inquinamento all’interno del Parco del Delta del Po per la centrale di Porto Tolle.
Ma ci sono ancora sfide importanti da superare: il Wwf è parte civile in numerosi processi ancora in via di svolgimento come quello sul disastro sulla salute e sull’ambiente provocato dall’amianto proveniente dall’Eternit S.p.A. di Casale Monferrato, quello per un nuovo incendio verificatosi nel Polo Petrolchimico di Porto Marghera, o per la mega-discarica a Bussi (Pescara), la più grande così inquinata in Europa, nel processo contro i dirigenti degli stabilimenti tessili di Marlane (Cosenza) accusati di aver provocato, attraverso lo smaltimento illegale di molti veleni anche nei terreni circostanti l’area industriale, la morte di oltre 50 operai o, nell’ambito della difesa del territorio e del paesaggio, contro la Strada Mare Monti, un vero e proprio ecomostro che taglierebbe la Riserva naturale Wwf di Penne (Abruzzo); su quest’ultimo, grazie all’esposto del Wwf la Magistratura ha aperto un’inchiesta che ha portato già ad un arresto e 10 indagati.
Contro gli inquinatori solo multe da divieto di sosta
«L’attività degli avvocati che lavorano al nostro fianco da oltre 20 anni è la “cartina di tornasole” di quanto l’illegalità in campo ambientale sia diffusa e costante – ha dichiarato Patrizia Fantilli, responsabile Ufficio legale-legislativo del Wwf Italia -. Il contrasto al crimine ambientale che svolgiamo grazie alla loro opera qualificata è l’unico strumento di cui disponiamo ma le “armi” a loro disposizione sono ancora “spuntate”. È urgente inserire nel Codice penale la voce “Delitti ambientali”. Ad oggi, infatti, le sanzioni previste dalle leggi di tutela dell’acqua, dell’aria, del suolo, delle aree protette e della fauna (a parte rare eccezioni come il traffico di rifiuti) sono esclusivamente di natura “contravvenzionale” (secondo la classificazione del ’39 del codice penale). Sostanzialmente sono forme di reato punite con sanzioni più “leggere” rispetto ai “reati-delitti”. Quindi il sistema sanzionatorio per le leggi di tutela ambientale costituisce il tallone d’Achille per cui in Italia gli illeciti ambientali sono sempre più frequenti e gravi, pur producendo effetti devastanti sul territorio, sulla natura, sul paesaggio e sulla salute umana che rimangono sostanzialmente impuniti».
La richiesta: delitti contro l’ambiente nel codice penale
Nonostante nelle ultime quattro legislature siano state elaborate numerose e condivisibili proposte di legge per l’introduzione nel Codice penale di «Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente», firmate e presentate «trasversalmente» da parlamentari di diversi schieramenti politici, queste (inspiegabilmente) non sono state mai discusse in Parlamento. Il Wwf da oltre 15 anni si batte per una riforma del codice penale con l’inserimento di una sezione dedicata ai «Delitti contro l’ambiente» e per l’attuazione concreta di leggi europee, tra cui la «Direttiva sulla tutela penale dell’ambiente» (Direttiva 2008/99/CE) che prescrive a tutti Paesi europei un sistema di sanzioni efficaci per la prevenzione e la repressione dei crimini ambientali e degli altri gravi reati a questi connessi e collegati con le criminalità organizzate in tutto il territorio dell’Unione europea.
La rapida attuazione della Direttiva sulla Tutela penale dell’Ambiente quindi, non è solamente un atto doveroso, di responsabilità e di civiltà da parte di ogni Stato membro dell’Unione europea, ma potrebbe costituire finalmente anche l’occasione per il Parlamento per riavviare la discussione delle numerose proposte di legge per l’introduzione nel Codice Penale dei «delitti ambientali», riforma avviata e rimasta inattuata da ormai oltre 15 anni.
È urgente anche disporre di una disciplina più efficace che renda effettiva la riparazione dei danni ambientali a seguito delle sentenze di condanna per interrompere, una volta per tutte, quel circolo vizioso delle «sanatorie», come è accaduto più volte nel campo dell’abusivismo edilizio, e che rischia di continuare con il cosiddetto Piano Casa. È inconfutabile la constatazione del fatto che molti dei danni finora provocati al nostro patrimonio ambientale non siano stati mai riparati, dagli abusi sul territorio agli incendi, dall’inquinamento ai danni alla fauna.
Eco-avvocati: la «carica» dei 300
300 eco-avvocati, 250 le udienze seguite nel 2010, oltre 2.000 i giudizi nei quali il Wwf è stato presente con i propri avvocati dal 1986 ad oggi. Il Wwf inoltre collabora in modo stretto con le Forze dell’Ordine e la Magistratura e sono sempre più frequenti i casi in cui è la stessa Procura a sollecitare un intervento dell’associazione indicandola quale parte offesa nei decreti di rinvio a giudizio. Le azioni giudiziarie del Wwf prendono di mira un ampio scenario di aggressioni al territorio (tutela della fauna e della flora, trasformazioni illegali del territorio, tutte le forme di inquinamento ecc.). Le azioni legali vengono svolte diffusamente su tutto il territorio nazionale ed hanno avuto una notevole continuità temporale, segno evidente dell’autonomia di giudizio e dell’indipendenza politica dell’Associazione.
«All’epoca della sua fondazione, nel 1966, non ci si immaginava ancora quanto si sarebbe dovuto investire in termini di risorse umane ed economiche per svolgere attività di tutela della biodiversità e del territorio nelle aule di Tribunale, oltre che sul campo in natura attraverso le Oasi – ha dichiarato Silvia Fischetti, responsabile Ufficio Legale Wwf Italia -. In Italia, nonostante ancora oggi non siano stati inseriti nel codice penale i delitti ambientali, è proprio sul sistema giudiziario che grava spesso l’onere di tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente in sostituzione di una pubblica amministrazione troppe volte colpevolmente assente».
Basti pensare ad alcune importanti vittorie ottenute in sede processuale dal Wwf nel 2010, in processi che hanno visto come controparte proprio la Pubblica amministrazione, il cui ruolo dovrebbe al contrario essere quello di tutore dell’ambiente, oppure hanno visto sul banco degli imputati i vertici di grandi aziende di Stato. Come ha giustamente sottolineato anche la Corte dei Conti, è proprio il mancato rispetto del territorio a causare i continui disastri ambientali cui assistiamo e di cui siamo vittime. Anche il Presidente Giorgio Napolitano, in occasione del trentennale del terremoto dell’Irpinia, ha ribadito che le disastrose conseguenze dei sempre più frequenti eventi calamitosi, impongono alle istituzioni di rinnovare l’impegno a sviluppare la cultura della previsione e della prevenzione, cui far corrispondere una costante azione di vigilanza e controllo del territorio e dell’ambiente.
(Fonte Wwf)