Le mire dell’offshore per il Mediterraneo

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Il giacimento di gas nel «Leviatano» (il più grande del mondo) a 135 km al largo della costa di Israele. A rischio la Biodiversità in un’area unica al mondo

Le scoperte di giacimenti colossali di gas sui fondali profondi del Mediterraneo hanno scatenato una caccia al tesoro che rischia di danneggiare inevitabilmente ambienti unici per la biodiversità marina, protetti in base a convenzioni internazionali.

La più recente, quella del giacimento «Leviatano» (il più grande del mondo) a 135 km al largo della costa di Israele, è avvenuta in acque cosiddette profonde e su fondali dalle caratteristiche uniche. Lo stesso si può dire dei giacimenti di gas trovati nelle acque antistanti il Delta del Nilo, a 80 km a nord-ovest di Alessandria.

In queste due aree vivono comunità di spugne di acque profonde, vermi, molluschi e coralli di acqua fredda. Per questo motivo, nel Mare di Levante dove è situato il primo giacimento, vige una limitazione della pesca a strascico sotto i 1.000 metri di profondità proprio per proteggere le specie di acque profonde. Esistono anche due aree dove la pesca e vietata per gli stessi motivi.
Nella zona antistante il Delta del Nilo prospera una comunità biologica la cui sopravvivenza dipende proprio dalle strutture che si sono nel tempo formate in funzione delle esalazioni dei gas dal fondo del mare e per questo motivo definite «aree del Mediterraneo specialmente protette dalla Convenzione di Barcellona» (Aspim).

Il Wwf, anche alla luce delle richieste della Strategia marina promossa dalla Comunità europea (Msfd), chiede agli Stati del Mediterraneo orientale (in particolare a Cipro, Egitto, Israele e Libano) di garantire i più alti standard ambientali negli sviluppi attuali e futuri nella perforazione dei fondali marini per gas e petrolio in Mediterraneo orientale. Si chiede che vengano effettuate con urgenza Valutazioni di impatto ambientale (Via) e si agisca coerentemente ai risultati delle medesime anche perché le comunità che proliferano sui fondali di acque profonde impiegherebbero alcuni millenni per ricostituirsi.

Diversi accordi obbligano i Paesi a passare attraverso il sistema Via prima di esplorare e trivellare alla ricerca di gas e petrolio in acque «offshore»: il più recente protocollo è quello per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento derivante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo marino e del suo sottosuolo, entrato in vigore nel dicembre 2010. Questo stabilisce che qualsiasi potenziale attività di sfruttamento di acque profonde, tra cui anche le prospezioni – debbano essere soggette ad autorizzazione sulla base di una approfondita Via.

«I fondali marini in Mediterraneo brulicano di vita, specie uniche, endemiche del nostro mare. Non possiamo permettere che prospezioni “alla cieca” provochino danni irreversibili alla biodiversità delle acque profonde – dichiara Marco Costantini, responsabile del Programma Mare del Wwf Italia -. Questi ecosistemi marini esistono solo nel nostro mare, sono fragili e vulnerabili ad ogni interferenza con le attività umane, si sono evoluti in una condizione stabile dove la scarsa disponibilità energetica ha condotto alla nascita di ecosistemi particolarmente rari»

(Fonte Wwf)