Le specie esotiche possono aiutare…

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A fronte di un approccio fin troppo radicale nei confronti delle specie alloctone, uno studio mostra che in alcuni casi esse possono portare vantaggi a tutta la comunità naturale

Non sono nuove le ricerche che testimoniano la diffusione incontrollata di specie tropicali in ambienti non propriamente a ridosso del Tropico del Cancro o del Capricorno. Animali e piante che fino ad un secolo fa si potevano trovare solo a latitudini inferiori rispetto alle nostre, oggi popolano il mar Mediterraneo e si stanno espandendo addirittura a ridosso dei Poli. Queste specie, definite esotiche perché non sono caratteristiche di una zona, ma vi sono giunte per mano (consapevole o meno) dell’uomo, hanno avuto un notevole impatto ambientale poiché hanno alterato gli equilibri ecologici e portato alla scomparsa di numerose specie autoctone.

Ma una ricerca dell’Università della Pennsylvania, condotta dal professor Tomas Carlo, ha mostrato che non sempre questo è vero: in alcuni contesti l’introduzione artificiale di piante da frutto porta vantaggi a tutto l’ecosistema naturale.

«Tra i biologi, gli ecologi e i professionisti del settore, la tendenza è quella di eliminare ed eradicare le specie esotiche e invasive perché potrebbero modificare gli ecosistemi – spiega Carlo -. L’obiettivo principale di molti scienziati è quello di ripristinare il paesaggio originale, facendo sì che le specie native tornino ad avere un ruolo dominante nella comunità. In alcuni casi, però, estirpare una specie esotica, anche se introdotta da poco tempo, è più dannoso che lasciarla perché questa ha instaurato rapporti di reciproco vantaggio con animali e piante locali».

Sul giornale Diversity and Distribution il team della Penn State University ha pubblicato il rapporto degli esperimenti condotti nella Valle Felice, territorio della Pennsylvania centrale dove cresce in abbondanza il caprifoglio comune (Lonicera caprifolium), una pianta da frutto esotica per quest’area e considerata invasiva. La zona è particolarmente ricca di uccelli e altre specie di alberi da frutto, a confronto di aree boschive o agricole limitrofe dove non si trovano né caprifogli né volatili. Questo, in sintesi, ciò che ha portato a concludere che la presenza di questa varietà di caprifoglio giochi un ruolo fondamentale per la sopravvivenza delle comunità di uccelli che con essa hanno instaurato un rapporto mutualistico di reciproco vantaggio.

«Il caprifoglio garantisce più della metà di tutti i frutti disponibili nella valle e ciò permette la sopravvivenza di numerose popolazioni aviarie; dal canto loro i volatili provvedono alla dispersione dei semi su una ampia zona, consentendo l’allargamento dell’areale di distribuzione della pianta anche in zone che oggi sono occupate dall’uomo – racconta Jason Gleditsch, collaboratore di Carlo -. Intervenire drasticamente, abbattendo questi alberi, porterebbe alla scomparsa di gran parte degli uccelli che oggi dipendono strettamente da queste fonti di cibo».

I ricercatori hanno inoltre testato l’impatto del caprifoglio sulle altre specie di piante da frutto. Innanzitutto hanno coltivato specie native (come la morella comune, Solanum nigrum) in una serra e quando i frutti sono stati maturi li hanno impiantati in terreni ricchi di caprifoglio e in terreni completamente privi. I risultati sono stati evidenti: laddove erano presenti le specie esotiche, la resa delle nuove piante è stata del 30 % superiore rispetto alle zone con solo specie indigene. Tutto ciò si spiega ricorrendo ancora una volta agli uccelli: nelle aree dove abbondano le «piante delle capre», le altre piante risultano avvantaggiate perché i loro semi vengono dispersi insieme a quelli della pianta dominante, offrendo loro un notevole vantaggio indiretto.

Nello stato della Pennsylvania, a seguito dell’introduzione di questa specie, il numero di uccelli (soprattutto rondini e uccelli gatto) è cresciuto notevolmente e ciò permette di concludere che, nonostante molte specie esotiche siano responsabili di danni ambientali ed economici consistenti, in alcuni contesti possono portare vantaggi nel ripristinare gli equilibri ecologici che l’intervento umano aveva precedentemente compromesso.