In occasione dell’XI edizione del Festival Piemonte Movie, venerdì prima nazionale del film «Langhe Doc – Storie di eretici nell’Italia dei capannoni», documentario di Paolo Casalis prodotto dalla Stuffilm di Bra
Decidere di andare controcorrente è sempre difficile. Specie quando si tratta di lavoro, un lavoro che però è più passione che semplice forma di sostentamento. È il caso di Maria Teresa Mascarello, Mauro Mossi e Silvio Pastore, tre produttori che lottano strenuamente contro la globalizzazione del gusto. Maria Teresa è l’erede di una delle più importanti aziende vitivinicole produttrici del pregiato Barolo, Mauro produce formaggi mentre Silvio, dopo anni nella grande distribuzione, ha scelto di produrre pasta artigianale.
Sono le storie di tre imprenditori che hanno deciso di non scendere a compromessi con il mercato, di non produrre più del dovuto solo in ossequio al dio denaro. Sono le sfide di tre persone che hanno deciso, nonostante il mondo vada in una direzione diametralmente opposta, di continuare nel solco della tradizione, senza svendersi in virtù delle mode americane.
In 52 minuti, attraverso le storie di questi uomini e donne «eretici», Paolo Casalis, con l’aiuto del giornalista Giorgio Bocca, racconta il mondo delle Langhe, di recente divenuto patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Un territorio mozzafiato che però sta cominciando a cedere all’urbanizzazione: il cemento sta cominciando a farsi strada, insieme al dissesto ambientale e all’abbandono delle colture meno pregiate. Le Langhe sono diventate, come sostiene Bocca, una «terra di capannoni», in cui la modernità va in contrasto con la tutela dell’ambiente e la sostenibilità.
È una sfida ardua quella intrapresa da Maria Teresa, Mauro e Silvio e dall’epilogo nient’affatto scontato. Non sarà semplice frenare l’inesorabile scempio del paesaggio e il processo di modernizzazione. Il loro è un atto di amore per questo territorio che sta cambiando in negativo, per le tradizioni che hanno reso famosa in tutto il mondo l’enogastronomia italiana. È un invito, attraverso l’opera di Casalis, a non arrendersi alla degenerazione senza cognizione di causa del territorio e a non lasciarsi incantare dalle mode della gastronomia d’oltreoceano.