Ogni anno si consumano 500 km2 di suolo. Trend positivo per le rinnovabili (+13,5% nel 2009) ma persiste il problema della mobilità (il tasso di motorizzazione è pari a 601 auto ogni 1.000 abitanti)
Consumo del suolo, mobilità sostenibile, rinnovabili, biologico e tutela delle risorse naturali. Questo e molto altro ancora in Ambiente Italia 2011, il rapporto presentato a Roma da Legambiente, elaborato dall’istituto di ricerche Ambiente Italia.
Il focus del rapporto riguarda l’erosione del suolo: ogni anno vengono consumati oltre 500 km2 di territorio, l’equivalente della superficie dell’intera provincia di Milano. Nonostante i numeri siano questi molte persone rimangono senza casa perché non riescono a permettersela. La stima più attendibile di aree urbanizzate sembra essere 2.350.000 ettari, pari all’estensione di Puglia e Molise insieme, equivalente al 7,6% del territorio nazionale e 415 m2 per abitante.
Il fenomeno del consumo dei suoli nel 2010 ha visto la Lombardia posizionarsi in testa alla classifica con il 14% di superfici artificiali, il Veneto al secondo posto con l’11% e a seguire la Campania con il 10,7%, il Lazio e l’Emilia Romagna con il 9%. Ma non solo. Molise, Puglia e Basilicata, regioni maggiormente rurali, registrano fenomeni di crescita delle superfici urbanizzate, a discapito prevalentemente dei suoli agricoli e, solo in seconda battuta, di terreni incolti o boschivi.
Il consumo di suolo
Queste dinamiche non appartengono esclusivamente all’Italia, ma caratterizzano i principali paesi Ue, sebbene poi si connotino in modo preciso e univoco per il nostro paese. Indubbiamente manca una vera e propria politica dell’urbanizzazione, al punto che le periferie delle maggiori aree urbane si sviluppano senza un adeguato progetto metropolitano e ambientale, ma soprattutto senza un adeguato sistema di infrastrutture, di trasporti e di servizi.
«Il consumo del suolo – ha spiegato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente – riflette i problemi reali del Paese. La recente crescita, senza criteri e regole, è tra le ragioni dei periodici problemi di dissesto idrogeologico e tra le cause di congestione e inquinamento delle città e dell’eccessiva emissione di CO2. Ha provocato anche la perdita di valore di tanti paesaggi italiani, incidendo sulla qualità dei territori, anche attraverso la conseguente disgregazione sociale».
Esempio eclatante di questo si verifica nelle aree di maggior pregio, quali le zone costiere, dove l’accelerata corsa edilizia ha causato una vera e propria cementificazione degli ultimi territori ancora liberi e delle zone soggette a rischio idrogeologico. «Occorre fare come negli altri paesi europei, dove il consumo dei suoli viene contrastato attraverso una precisa normativa che tutele e limita la crescita urbana, ma anche con la realizzazione di edilizia pubblica per chi ne ha veramente bisogno e interventi di riqualificazione e densificazione urbana, fermando così la speculazione edilizia. L’esatto contrario di quanto adottato nell’ultimo decreto Milleproroghe che continua a consentire ai comuni, per i prossimi due anni, di adoperare il 75% degli oneri di urbanizzazione per le spesi correnti e incentiva, quindi, a rilasciare permessi a edificare anche laddove non sarebbero necessarie nuove costruzioni, per pagare gli stipendi ai dipendenti».
In questa situazione la città di Roma rappresenta un caso emblematico perché è il comune più grande d’Italia, che ha assistito ad una ingente crescita edilizia. È stato calcolato che nei comuni di Roma e Fiumicino, nell’arco di 15 anni, dal 1993 al 2008, i suoli trasformati e destinati ad uso urbano sono aumentati rispettivamente del 12% (4.800 ettari) e del 10% (400 ettari), con un incremento della popolazione di 30.887 abitanti. Questa situazione è particolarmente allarmante, dato che la trasformazione ha riguardato particolarmente suoli agricoli e aree naturali: 4.384 ettari di aree agricole (il 13% del totale) e 416 di bosco e vegetazione riparia non esistono più. Ma se questo non fosse ancora sufficiente, in base al piano regolatore si prevede un’ulteriore scomparsa di 9.700 ettari, prevalentemente agricoli.
La mobilità
Per quanto riguarda la mobilità, la fotografia dell’Italia che emerge non è positiva. I mezzi privati, infatti, coprono l’82% della domanda, con un tasso di motorizzazione superiore alla media europea: nel 2008 sono state 601 le auto ogni 1.000 abitanti, contro le 470 dell’Ue, le 498 della Francia, le 475 del Regno Unito. Gli spostamenti, quindi, avvengono prevalentemente in auto (12.070 passeggeri per km/abitante), molto poco con i mezzi pubblici (109 passeggeri) e poco in treno (835). In aggiunta, si conferma problematica la situazione del trasporto merci, che registra fra il 2007 e il 2008 un traffico su strada pari al 71,9%, rispetto al 70,6 dell’anno precedente; su ferro viaggia solo il 9,8% delle merci (10,2% nel 2007) e il 18,3% viaggia via mare. «Il progetto strategico della provincia di Roma – ha dichiarato Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma – punta proprio a superare una fase di periferizzazione, cioè al collocazione al centro della capitale delle funzioni e dei servizi e all’esterno le case, grazie ad una metropolizzazione, cioè un polifunzionalismo metropolitano, che colloca nelle zone periferiche non solo le abitazioni residenziali, ma anche i servizi, che promuovano la cultura, lo sport, l’intrattenimento, il tempo libero, i servizi sanitari. Questo avrà come diretta conseguenza una sensibile riduzione della mobilità».
Energia
Altro argomento all’ordine del giorno è stato la trasformazione del sistema energetico e delle sue risorse. L’Europa ha ricoperto un ruolo di protagonista per quanto riguarda l’efficienza e il contenimento delle emissioni: dati alla mano, si può facilmente supporre che conseguirà globalmente gli obiettivi di Kyoto, arrivando a centrare anche la riduzione del 20% delle emissioni nel 2020. Triste primato spetterebbe all’Italia, quale unico paese a non centrare gli obiettivi, perché nel 1990 non aveva nucleare, aveva pochissimo carbone da ridurre e basse emissioni pro capite. «Un esempio di come l’Italia possa attivare un’industria nazionale dell’efficienza energetica – ha dichiarato Duccio Bianchi, curatore del rapporto Ambiente Italia 2011 – è la misura delle detrazioni fiscali del 55% sulla ristrutturazione energetica edilizia. Dal 2007 al 2009 sono stati attivati, infatti, complessivamente 590.000 interventi, con un investimento privato di 7,9 miliardi di euro. L’Italia deve smettere di remare contro lo sviluppo delle rinnovabili, perché quando la politica lo ha permesso, il territorio ha dimostrato di avere la capacità per una svolta energetica pulita». Positiva, infatti, è la situazione in cui versa il settore energetico, dove si registra una riduzione del 5,8% dei consumi delle materie prime, che scendono da 191 milioni di Tep a 180: calano la produzione di petrolio (-5,3% del totale pari a 5 milioni di Tep) e la produzione di gas naturale (-5,6%), mentre è in controtendenza la produzione da fonti rinnovabili che nel periodo 2008-2009 sale del 13,5% (+ 2,3 milioni di Tep) confermando il trend positivo dell’ultimo decennio (+49%).
Sono intervenuti all’incontro Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente, Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma, Antonio Giannelli, dell’Ance, Federico Oliva, Presidente di Inu, Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, il senatore della commissione Ambiente Roberto Della Seta e i curatori del rapporto Duccio Bianchi e Edoardo Zanchini.