Trasformati da vanto del Paese a semplici ufficietti passacarte o pro-loco pubblicitarie, minacciati da commissariamenti a oltranza o da tagli finanziari a sorpresa. Iniziativa del Comitato parchi nazionali
Il 2011 segna il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia e il 20° della Legge quadro sulle aree protette. Il Comitato parchi nazionali, che dispone di una vasta documentazione sull’argomento, inizia una serie di inchieste sulla reale situazione dei Parchi Nazionali nel Bel Paese.
Dopo un decennio di sonnolento letargo e di ottusa autoreferenzialità, finalmente si stanno levando sempre più chiare e alte le voci di allarme per la precaria situazione dei nostri splendidi Parchi Nazionali. Trasformati da vanto del Paese a semplici ufficietti passacarte o pro-loco pubblicitarie, minacciati da commissariamenti a oltranza o da tagli finanziari a sorpresa, e messi comunque nella condizione di non nuocere.
Non si scoprirebbe nulla di sensazionale rivelando che molte ed esorbitanti sono le forze che li assediano, li invadono, si prodigano per assumerne in modo più o meno visibile il controllo effettivo: affaristi e maneggioni, speculatori edilizi e politicanti in carriera, bracconieri e cacciatori in veste di selecontrollori, tagliatori forestali e adoratori di impianti d’ogni genere, purché ben collegati ai metri cubi edificabili, e via dicendo. Promotori di ogni genere di iniziative, salvo quelle pulite e trasparenti d’un tempo, allorché la natura regnava sovrana.
Non è certo colpa degli addetti ai lavori se questa eclissi progressiva rischia di oscurare quelle meravigliose parti del pianeta, che brillavano di luce propria. La confusione dilagante, il basso livello culturale, l’arrembaggio al profitto, la fuga dalle responsabilità e la mortificazione del merito, la perdita della memoria storica e la mancanza di coscienza del bene collettivo hanno un peso decisivo nella vicenda dei Parchi. E non rappresentano, in fondo, che il riflesso della situazione generale di un’Italia ormai intorpidita, disgregata, marcescente: orba di percezione del futuro e priva di senso della «missione» da perseguire. Dove chi lavora senza sosta sono soprattutto i poteri più o meno occulti, e le talpe della malavita organizzata, che scavano gallerie sotterranee per arrivare alla conquista del potere e dei tesori nascosti.
Ma prima di aprire processi contro i veri responsabili, sarà forse il caso di fare un po’ di autocritica, per capire quali siano stati, e magari siano ancora, i non pochi errori (debolezze e deviazioni, divisioni e compromessi, invidie e gelosie, falsità e tradimenti) che hanno progressivamente dequalificato il cosiddetto «mondo ambientalista». Prima, durante e dopo la famosa Legge quadro sulle Aree protette, scivolando lungo una china dalla quale sarà molto duro risalire: e rischiando così di rendere la difesa dei Parchi nazionali una «missione» splendida, ma sempre più «impossibile».
Dieci errori da pagare
Ecco quali sarebbero, secondo le segnalazioni ricevute e i sondaggi condotti dal Comitato Parchi nell’ultimo decennio (2002-2011), tratti da un Rapporto di cui è prevista la futura pubblicazione, i principali errori dei quali oggi paghiamo tutti le conseguenze.
1. Normativa carente – La Legge quadro sulle Aree protette è stata unanimemente lodata come una legge modello e d’avanguardia, e per molti aspetti lo è davvero. Ma contiene alcune vistose incongruenze: le modalità di nomina dei Direttori, la mancata creazione di un corpo di Guardie dei Parchi distinte dai Forestali e l’assenza di norme su Apprendistato e Volontariato giovanile.
2. Normativa devitalizzata – Molti dei punti più qualificanti della legge sono stati sterilizzati (Consulta dei Parchi, Assunzioni, Autonomia degli Enti), il potere ministeriale si è espanso enormemente (da semplice controllo di legittimità a potestà tutoria!) e il coefficiente di disapplicazione delle norme ha raggiunto e superato l’80%.
3. Politica invasiva – La politica ha occupato ogni spazio nella realtà dei Parchi, rendendoli oggetto di lottizzazioni, baratti e ricatti partitici, parcheggiandovi i propri candidate non eletti, e giungendo a nominare Presidenti aspiranti privi dei titoli, ma purché si dotassero della tessera di iscrizione a questo o a quel partito.
4. Finanziamenti incerti – La regia finanziaria accentrata e monocratica ha posto Parchi e Associazioni in condizione di completa sudditanza, attraverso ritardi e incertezze strumentali, tagli punitivi e confusione di valutazioni (come quella tra la massima capacità di spesa e la frenetica corsa al risparmio), nella generale e persistente inettitudine a sviluppare qualsiasi analisi di costi-benefici.
5. Burocrazia imperante – L’espansione di burocrazia e tecnocrazia, per natura illimitate, è giunta a pretendere un grado di formalizzazione estremo, che per un piccolo ente significa inevitabilmente la progressiva paralisi. Servizi e uffici che avrebbero dovuto esprimere la parte innovativa della gestione della natura sono stati ridotti a interminabili catene di produzione di carte inutili.
6. Giuridicismo acuto – Nel Paese culla del diritto erano forse inevitabili le controversie permanenti e il trionfo del cavillo, scambiando l’impiego dei mezzi di giustizia (talvolta necessario) per il fine ultimo e supremo di qualsiasi azione. L’uso politico della giustizia e i controlli strumentali fanno il resto.
7. Competenze mortificate – La religione della raccomandazione e dello scambio di favori illeciti è cosa ben nota, ma è difficile trovarne esempi più lampanti di quelli emersi nell’ambito dei Parchi, dove sembra davvero che il merito sia un nemico da perseguire, la trasparenza un incidente di percorso e l’efficienza un fastidio da rimuovere,
8. Municipalizzazione progressiva – Per un falso concetto di democrazia, la risposta alla fame di competenze locali finisce per forza con l’apparire positiva, ma è ridicolo voler far credere che tutto ciò avvenga nell’interesse dei Parchi e della collettività nazionale. Solo le visioni più elevate e distaccate dai piccoli interessi a corto raggio possono guardare al futuro e attuare, a medio e lungo termine, politiche lungimiranti.
9. Virtualizzazione crescente – Il passaggio dalla verità dei fatti alla finzione mediatica sembra ormai garantito dai mezzi di informazione, che ben diretti da invisibili regie possono passare dal silenzio cadaverico all’attacco globale, e dalla sottile manipolazione della situazione alla «macchina del fango». Capovolgendo drasticamente la realtà, non certo senza benefici per qualcuno.
10. Strategia liquefatta – Ma in fondo, la causa di tutto non può che essere individuata nella perdita di missione e di senso etico, e nella corsa a carriere e vantaggi anziché alla salvezza d’un mondo in pericolo. I Parchi attuali non sono poi troppo lontani dall’immagine di flotte nella tempesta, o di aziende in pericolo. Ma sarebbe possibile risollevarli, e vedremo come: con più azioni e meno inchini, con maggior coraggio e meno piagnistei, facendo proprio il motto del famoso capitano d’industria che in due parole esortava a «Meno chiacchiere, e più leadership».