Una paura infinita

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Ieri a Bruxelles l’Ue ha tenuto una conferenza d’emergenza sulla sicurezza nucleare. L’obiettivo: discutere e decidere di mettere in atto test di sicurezza sulle centrali nucleari nel territorio europeo e nelle aree confinanti con il vecchio continente.

Inutile negarlo: la crisi della centrale nucleare di Fukushima, causata dal sisma in Giappone, ha scosso l’opinione pubblica, perché vivo è tutt’oggi il ricordo drammatico di quel 26 aprile 1986: il disastro nucleare di Cernobyl.

In Ucraina si trattò di un’esplosione immediata che scagliò ad alta quota una colonna incandescente di materiali radioattivi: da lì la diffusione della macchia nera invisibile, ma tangibilissima sui corpi, nel sangue, nell’aria, nei cibi, nei feti martoriati dalle radiazioni. Tumori, tumori, tumori. Praticamente un ventennio di fibromi, carcinomi, cancri.

Il bilancio ufficiale, molto più ottimistico e molto meno realistico, fu contestato da tutte le associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace che presentò una stima di 6.000.000 decessi su scala mondiale perpetrabili nel corso di 70 anni e riconducibili al disastro. «70 anni» significa che stiamo solo all’inizio. Il primo ventennio, disseminato di morti da tumore, è ormai passato. Ci resta ancora un cinquantennio scarso per verificare di persona.

E allora si rimane quasi sbigottiti dinnanzi alla caparbietà, all’irremovibilità, quasi somara, dell’atteggiamento italiano post-conferenza. Il ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani sfoggia alle telecamere la sua sicurezza sull’argomento: l’Italia non farà retro marcia sul nucleare. Nessun dubbio dunque della classe dirigente sull’utilità di questo tipo di approvvigionamento energetico, su cui però il popolo italiano, con il referendum abrogativo dell’8 e 9 novembre 1987, si espresse contro.

I rischi rientrerebbero tutti grazie all’installazione di centrali nucleari di terza generazione che, rispetto a quelle giapponesi, sarebbero sicurissime. Il condizionale è comunque d’obbligo.

Come la prudenza e il dubbio.

E intanto in Giappone si continua a gettare acqua di mare sul reattore per evitare la fusione; ma già esiste una contaminazione in atto, seppur ancora esigua. Contaminazione che arriverà anche qui da noi in Italia. Contaminazione dell’aria che una bella pioggia di primavera dissolverà in veleno per le nostre falde acquifere e per i nostri cibi. Gli stessi che arriveranno nei piatti di tutti gli italiani, compresi quelli dei nostri fiduciosi politici.