Quando una scelta politica può essere mortale!

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Dopo il disastro nucleare in Giappone tutti i Capi di stato si stanno chiedendo se sia ancora giusto investire nei Progetti energetici basati sul nucleare. I politici su temi importanti come il nucleare devono avere un forte rigore etico. E intanto la ministro Prestigiacomo si preoccupa delle elezioni…

Dopo giorni di accese discussioni politiche su tutti i mass media scaturite dall’ultimo disastro nucleare in Giappone che sta preoccupando tutto il mondo, con la costante presenza nelle tv dei politici nostrani schierati, chi per il ritorno del nucleare chi contro, con le immagini del disastro che continuano a farsi sempre più preoccupanti, e che dovrebbero far riflettere sempre più sulle scelte energetiche future, e dopo un tentennamento, giustificato e quasi illuminante, da parte di Veronesi e Romani, la ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ieri ha fatto un infelice «fuori onda» a Montecitorio, dicendo che «è finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese»…

Questo è ciò che ha diffuso l’agenzia Dire che ha «rubato» queste poche frasi durante un confronto tra la Ministro con Bonaiuti e Tremonti, ai quali dopo si è unito anche Romani. Una questione politica dunque. Decisioni molto serie che riguardano un tema serissimo qual è il nucleare che hanno, per l’attuale Governo, l’unico obiettivo del risultato delle elezioni? Una motivazione che di fronte alla drammaticità dell’evento sembra quasi un paradosso.

Le ultime dichiarazioni fatte dal ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, e dall’oncologo Umberto Veronesi, presidente dell’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare, evidenziano quanto i politici italiani siano impreparati a gestire una questione così delicata e complessa qual è quella sul nucleare. Il ministro Romani, ha dichiarato che «serve un momento di riflessione e c’è la necessità di fermarsi un attimo per capire cosa fare», questo dopo le ultimissime notizie, sempre più preoccupanti, provenienti dal Giappone.

Veronesi invece ha dichiarato che «le gravi vicende dei quattro reattori giapponesi impongono inevitabilmente a chi, come me, ha deciso di occuparsi di sicurezza degli impianti nucleari e di salvaguardia della popolazione, di mettere da parte lo sgomento e prendersi una pausa di riflessione profonda. Mi domando se i modernissimi reattori di terza generazione avanzata di cui vorremmo dotarci avrebbero resistito a uno tsunami di quella portata, e se siamo sicuri che sia più opportuno e più sicuro avere pochi reattori di grande taglia, piuttosto che dotarci di una rete di minireattori».

Intanto solo due giorni fa le Commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera hanno approvato il parere favorevole al decreto legislativo n.31 sul programma nucleare italiano.

La faccenda italiana sul nucleare a oggi non è ancora molto chiara, a partire dalla scelta fatta con il referendum del 1987, durante il quale l’Italia proclamò la sua volontà di fermare le centrali nucleari e invece negli ultimi anni, a partire dal 2007, il governo sta imponendo di nuovo questo tipo di tecnologia reinvestendo ingenti somme nel nucleare, perché?

Dalla chiusura delle centrali e per dieci anni non è stato fatto nulla dallo Stato per gestire la messa in sicurezza delle centrali nucleari e iniziare lo smantellamento dei rifiuti radioattivi. Dopo dodici anni, nel 1999, viene creata la Sogin, una società Spa, per poter gestire il tutto e contemporaneamente a questo il governo avrebbe dovuto trovare un sito idoneo a diventare il deposito nazionale di tali scorie. Questo avviene nel 2003 solo quando il Governo Berlusconi, proclamando lo stato d’emergenza, a causa del terrorismo, individua il sito a Scanzano Jonico (Matera) per poi esser dichiarato non idoneo, dopo forti manifestazioni da parte della popolazione lucana. Poi dal 2010 è stato affidato alla stessa Sogin l’individuazione di tale sito.

Da un reportage del 2008 fatto dall’équipe della trasmissione televisiva «Report», fu mostrato lo stato in cui versano tutte le centrali nucleari ormai in disuso, che dopo più di vent’anni non hanno subito nessun processo di smantellamento, creando seri problemi d’inquinamento ambientale.

In questi anni le uniche azioni fatte, per la maggior parte delle centrali in disuso, sono state: l’inviare all’estero il combustibile nucleare per il riprocessamento (per mancanza di depositi italiani idonei) e l’assumere personale per sorvegliare gli impianti e controllare che la radiazione rimanesse sotto controllo. Queste due azioni stanno rappresentando per lo Stato italiano una spesa che si aggira su miliardi di euro!

Il fine ultimo di queste vecchie centrali sarebbe quello di lasciare dopo tutte le operazioni di smaltimento un prato verde… ma allo stato attuale ci vogliono ancora anni e anni e tanti milioni di euro per raggiungere tale obiettivo.

Vecchie centrali che ancora fanno paura

A Caorso (la più grande centrale nucleare d’Italia), per esempio, ci vorrebbero 500 milioni di euro per fare questo e bisognerà aspettare il 2019… senza tener conto dei milioni di euro già spesi per pagare i circa 100 lavoratori che sorvegliano dal 1987 la struttura.

Un altro esempio importante è il deposito più grande di depositi radioattivi italiano che si trova presso l’Enea a Casaccia, a 25 chilometri da Roma, dove all’interno c’è l’Opec (Operazioni Celle Calde) e l’impianto Ipu, (Impianto Plutonio) impianti utilizzati per le operazioni legate ai combustibili nucleari. Qui sono state stoccate oltre alle scorie nucleari anche le scorie delle terapie degli ospedali, il tutto racchiuso in depositi di sette metri cubi ormai non più sicuri, stoccati anche in cortile.

Per non parlare della disastrosa situazione in cui versa il comprensorio nucleare di Saluggia (Vercelli) sottoposto ad una serie di monitoraggi, caratterizzato da due aree: la Eurex-Sogin che si occupa del trattamento dei combustibili nucleari e che si trova all’interno dell’Enea, e il Complesso Sorin e Deposito di Avogadro, nel primo si producono radio farmaci nel secondo vengono stoccati i rifiuti nucleari provenienti dalla centrale nucleare di Trino (Vercelli) e di Garigliano (Sessa Aurunca, Caserta).

La centrale a Sessa Aurunca ha funzionato per soli 15 anni ed è costata allo Stato milioni di euro: ben 1.600 milioni di euro per aver inviato in Inghilterra il combustibile nucleare e 2 miliardi di euro per il personale di controllo della centrale. Per la riqualificazione ambientale dopo lo smantellamento bisognerà aspettare ancora il 2024!

L’Itrect-Enea di Rotondella (Matera) è caratterizzato da 3 metri cubi di materiale nucleare proveniente dalla centrale di Elk River in Minnesota, e come da accordi questo materiale dopo esser stato ritrattato doveva esser restituito alla centrale con le scorie ma la centrale ha chiuso e finora lo Stato italiano non è ancora riuscita a risolvere tale situazione alquanto confusa e poco chiara creando seri problemi di inquinamento ambientale e nel sito.

Una faccenda più politica che tecnica

La faccenda dello smantellamento più che una questione tecnica sembra una questione politica dato che nelle operazioni di recupero ambientale entrano in gioco ben cinque Ministeri (Ambiente, Interni, Salute, Sviluppo Economico, Lavoro) più Regioni, Province e gli Enti di controllo. Per la procedura di Via invece sempre ministro dell’Ambiente, dei Beni culturali, più Regioni, province, Comuni, Prefettura e Autorità di Bacino.

Tutte figure politiche e tanti faldoni che vengono poi esaminati da una commissione nominata dallo stesso governo che deciderà sul da farsi.

Sempre nell’inchiesta fatta da «Report» fu fatta un’intervista all’allora ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, il quale alla domanda riguardante le nuove centrali nucleari in Italia si espresse con grande entusiasmo dichiarando che nel nuovo progetto sul nucleare del Governo attuale «era prevista la costruzione di sette, otto, dieci centrali di terza generazione, da costruire però nel tempo, le più moderne, le più tranquille, le più sicure, le più efficienti», e in merito alle attività svolte dalla Sogin per la scelta dei siti più idonei alla costruzione di una centrale nucleare paragonò la costruzione di una centrale nucleare alla costruzione di un albergo!

Questo è accaduto tre anni fa, e con la sfortunata uscita di ieri della ministro Prestigiacomo la classe politica attuale italiana si mostra impreparata riguardo alla seria questione del nucleare, e carente di quel rigore etico che bisogna avere soprattutto quando entrano in gioco lo stato della salute umana e lo stato dell’ambiente, e che solo chi comprende la serietà del tema ha. In questo caso non si tratta di costruire un albergo, ma si tratterebbe d’investire miliardi di euro in un Progetto energetico che condizionerebbe la vita di tutti gli italiani per anni…

L’Italia ha le giuste potenzialità per sviluppare progetti energetici alternativi, da poter attuare e sviluppare se solo venissero elaborati seri progetti per far sì che queste energie alternative (solare, eolico, geotermico, ecc.) possano essere attuate con convinzione partendo dai progetti energetici già esistenti (si veda l’idea progettuale elaborata da Hermann Sheer un assertore della forza delle energie alternative gestite in modo nuovo e senza accentramenti energetici nelle grandi centrali elettriche come oggi) e che aspettano soltanto di essere messi in opera.

I progetti delle centrali nucleari così fortemente volute dal Governo attuale prevedono 15 anni di lavoro per la messa in funzione, più di 30 miliardi di euro di spesa, per funzionare solo 40-50 anni senza soddisfare comunque tutto il fabbisogno di energia nazionale, e dopo? Solita trafila come le vecchie centrali ancora da smaltire? E le scorie? Ancora troppe domande per un così importante e rischioso Progetto.

Chi, come i politici, si trova a decidere anche per le vite degli altri nelle loro scelte di governo, hanno il dovere morale di informarsi, di conoscere ciò su cui poi andranno a decidere. È un dovere soprattutto per chi copre cariche pubbliche, a tutti i livelli dai dipendenti degli uffici locali fino a chi ricopre cariche ministeriali.

Un altro ruolo fondamentale d’informazione deve essere coperto dai mass media che devono dare un’informazione chiara e scientificamente valida, e non affidarsi al politico o al tuttologo di turno.