Secondo il «New Scientist», che riporta le valutazioni di un gruppo di ricercatori austriaci, le emissioni dall’impianto di Fukushima sarebbero principalmente costituite da gas ed in particolare da I-131 e Cs-137 in quantità assai rilevanti e praticamente catastrofiche.
I valori stimati sarebbero i seguenti:
I-131 = 120 PBq/giorno, pari a 3,3 milioni di Curie/giorno
Cs-137 = 5 PBq/giorno, pari a 135mila Curie/giorno
Queste emissioni sono pari ad oltre la metà delle emissioni degli stessi radionuclidi a seguito dell’incidente di Cernobyl. Ma a differenza di Cernobyl queste emissioni avvengono a quote basse in prossimità del suolo, mentre a Cernobyl per la presenza di un vasto incendio le emissioni avvennero a qualche migliaio di metri di altezza dal suolo. Inoltre a Chernobyl le emissioni comprendevano non solo I-131 e Cs -137, ma una miscela composta da molti altri radionuclidi la cui attività totale, espressa in Bq/giorno, risultava circa 10 volte superiore (mentre I+131 e Cs+137 rappresentavano solo il 10% circa della miscela).
Poiché le emissioni complessive di I-131 potrebbero aver superato finora i 1200 PBq , ovvero i 30 milioni di Ci e quelle di C-137 potrebbero aver superato complessivamente i 50 PBq, ovvero oltre 1,3 milioni di Ci l’entità dell’incidente deve ritenersi rilevante. La possibilità di rilevare tracce di contaminazione in Europa ed in America appare, quindi compatibile con un incidente, come questo, paragonabile, in pratica a quello di Cernobyl, anche se limitatamente ai rilasci di I-131 e Cs-137. In altre parole, se le valutazioni riportate dal «New Scientist» sono affidabili trattasi effettivamente di un incidente nucleare catastrofico.