El.Ital., azienda leader in Italia nella produzione di pannelli fotovoltaici, annuncia di uscire da Confindustria. Una decisione che vuole segnare la distanza con l’associazione degli industriali che non ha saputo tutelare nelle sedi appropriate gli interessi delle aziende del settore.
Nonostante l’impegno profuso da Confindustria Avellino, la decisione è scaturita dal totale disinteresse o addirittura dall’interesse contrario mostrato dai vertici nazionali di Confindustria relativamente al Decreto Rinnovabili ed al Quarto conto energia.
Queste le parole dell’amministratore di El.Ital. S.p.A., Massimo Pugliese: «Oggi le aziende del settore sono ormai allo stremo e le prospettive di crescita del settore delle rinnovabili e della filiera del fotovoltaico rischiano di essere completamente azzerate dalle miopi scelte compiute dal Governo con l’avallo di Confindustria. Questo comporterà, come già sta comportando, un notevole esborso finanziario da parte dello Stato sotto la voce Cassa integrazione guadagni.
«Questa nostra decisione è stata poi avallata dalle continue critiche verso il Governo da parte del Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, critiche mai sollevate a riguardo delle serie difficoltà che sta attraversando il settore delle energie rinnovabili».
«Inoltre – continua Massimo Pugliese – Confindustria continua a porsi, a suo dire, a difesa del cittadino relativamente agli oneri versati in bolletta. Ebbene, di tale quota il contributo a favore delle rinnovabili (di cui il fotovoltaico rappresenta la principale filiera industriale del comparto) pesa per meno della metà del totale degli oneri di sistema. A pesare maggiormente, così come riportato anche da organi di informazione, sono altri costi (alcuni totalmente inutili) che nulla hanno a che vedere con le rinnovabili, come il famigerato “Cip6”, gli “Oneri Nucleari” e le “Agevolazioni tariffarie per le Ferrovie”. Inoltre, risulta incomprensibile il motivo per il quale su tali oneri i consumatori elettrici che ne sostengono il peso debbano pagarci anche l’Iva come se acquistassero un bene o un servizio. Ciò, solo nel 2010, ha significato un miliardo di euro incamerato dallo Stato ai danni di imprese e famiglie».