Si finge di ignorare che gli impianti sciistici nell’Appennino costituiscono iniziative disastrose sul piano economico, capaci di produrre danni paesaggistici e ambientali, ma in grado di offrire pochissimi posti di lavoro e destinati a restare comunque sempre fortemente passivi come dimostrano Scanno e Pescasseroli
Dopo il terremoto e la condanna all’oblìo dell’Aquila, denunciata chiaramente dal suo ultimo abitante che ancora non vuole abbandonare la città, l’insigne storico professor Raffaele Colapietra, si prepara ora un altro sisma devastante, che attaccherà tutte le montagne circostanti, dal Gran Sasso al Velino-Sirente. Si tratta dei tanto decantati bacini sciistici: impianti, costruzioni e consumi di territorio nel cuore degli ambienti naturali finora scampati alla distruzione. Poco importa che si tratti di Parchi nazionali di grande valore internazionale, né rileva che l’innevamento non sia dei più adatti.
Si finge di ignorare che gli impianti sciistici nell’Appennino costituiscono iniziative disastrose sul piano economico, capaci di produrre danni paesaggistici e ambientali, ma in grado di offrire pochissimi posti di lavoro: e destinati a restare comunque sempre fortemente passivi. I fallimenti continui degli impianti di Scanno e Pescasseroli, che divorano fiumi di danaro senza risolvere adeguatamente alcun problema, lo dimostrano chiaramente.
E allora? Perché incaponirsi a considerare questi bacini sciistici il toccasana magico per il futuro delle zone terremotate, come vorrebbe sostenere il nostro attuale governo con le molte «visite pastorali» all’Aquila del sottosegretario Letta? Nessuno si rende conto del fatto che la verità è ben diversa, e che è già pronto un diluvio di edilizia residenziale di media e alta quota, con alberghi, condomini e ville da vendere a romani e napoletani? Nessuno ricorda le battaglie degli anni Settanta condotte con successo contro la speculazione selvaggia al Parco Nazionale d’Abruzzo? In questo periodo di crisi finanziaria, da dove mai proverranno questi fiumi di danaro pronti a cementificare l’Aquilano in nome di una causa santa, definita «un vero atto d’amore» per le comunità locali? Qualcuno avrà il coraggio di rivelare cosa stia covando sotto le montagne dell’Abruzzo, un tempo noto come la «Regione verde d’Europa»? (F.T.)