I giovani sono disperati, umiliati e sviliti da un tessuto economico che li ha ridotti a numeri aziendali, ultimamente per lo più superflui, non hanno più nulla da perdere perché la società stessa li ha persi di vista molto tempo fa
Due, tre anni. Questo il periodo di tempo in cui ormai un’idea fissa si incastona prepotente nella mente di molti giovani lavoratori in tutto il mondo: Karl Marx aveva ragione.
Quando scrisse la sua analisi critica del capitalismo nel 1867, «Il Capitale», molti storsero il naso: pareva un’indagine pessimistica e nichilistica delle potenzialità del libero mercato che, invece, sembravano tangibili alla gran parte dell’opinione pubblica borghese dell’epoca.
Marx, com’è noto, prevedeva il cedimento del sistema capitalistico, ritenendolo un assetto economico geneticamente condannato al fallimento, una volta raggiunto il suo apice di splendore espansivo.
Un sistema votato all’insuccesso perché non sostenibile: una tragedia preannunciata che avrebbe seminato calamità come disoccupazione dilagante, povertà, crisi dei valori etici e sociali, inflazione, recessione, crollo del sistema bancario e quindi creditizio.
Il web, specchio virtuale per eccellenza delle tendenze della vita reale, è pieno di segnali che riconducono a questo filone di pensiero: i giovani stanno meditando la rivoluzione.
Disperati, umiliati e sviliti da un tessuto economico che li ha ridotti a numeri aziendali, ultimamente per lo più superflui, non hanno più nulla da perdere perché la società stessa li ha persi di vista molto tempo fa.
Insorgere, urlare, ribaltare lo status quo sul recente esempio del mondo arabo scosso, fino al cuore delle sue fondamenta, dall’azione rivoluzionaria giovanile.
E la rete ha reso loro l’ausilio indispensabile affinché le idee di rinnovamento arrivassero ovunque, in giro per il mondo, a testimoniare ciò che i mezzi mediatici più tradizionali, e proprio per questo faziosi e filogovernativi, boicottavano vergognosamente (motivo per cui il web deve rimanere a tutti i costi una fonte di notizie libera da ogni tipo di censura e condizionamento politico).
Le piattaforme sociali hanno così finalmente trovato una loro collocazione meno frivola, avendo sostenuto in maniera massiccia la causa dei giovani contestatori.
Tutto ciò, alla fine, ha prodotto i risultati sperati: i sistemi governativi corrotti sono collassati su loro stessi.
Il prezzo della vittoria, anche questa volta, è stato salato: molte vite umane sono state sacrificate. Ma di certo mai inutilmente.
Perché qualcosa nel mondo arabo è davvero cambiato.
Il nord africa si è acceso sotto i riflettori della rivolta e della promessa democratica. Questa è la dimostrazione concreta che la disperazione porta inevitabilmente alla rivoluzione popolare.
E Karl Marx lo sapeva bene.
Valentina Nuzzaci