Lavori di sondaggio geosismico e installazione di pozzi petroliferi nel mare della Puglia

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Sono tre le società straniere che hanno presentato al ministero dell’Ambiente ed al ministero dello Sviluppo Economico le istanze di permesso per la ricerca di idrocarburi (petrolio) in mare: La Petroceltic Else per la zona marina delle Isole Tremiti, la Northern Petroleum per il tratto di mare antistante le coste che vanno da Bari fino a Leuca e la Spectrum Geo per tutta la costa pugliese (che interessa le Province di Foggia, della Bat, di Bari, di Brindisi e di Lecce).

La società inglese Northern Petroleum il 28 luglio 2011 ha annunciato di aver ottenuto già due concessioni per ispezioni geosismiche per ricerca idrocarburi nel basso Adriatico, da svolgersi in questo mese di ottobre 2011, ed ha presentato istanze per il conferimento di altri sette permessi di ricerca.

Un’altra società inglese, la Spectrum Geo, in data 5 agosto 2011, ha sottoposto al ministero dello Sviluppo Economico due istanze di permesso di prospezioni geofisiche che interessano tutto il Mar Adriatico meridionale, costeggiando in toto le coste pugliesi per una lunghezza di 3.898 Km ed una superficie 16.169 Km quadrati.

Il direttore responsabile della Northern Petroleum, Derek Musgrove, sostiene che l’esplorazione dell’Adriatico meridionale è una priorità per la Northern Petroleum e che la società intende procedere velocemente con l’air-gun in modo da identificare i siti da trivellare già all’inizio del 2012.

Sul suo sito ufficiale la Northern Petroleum afferma di avere come missione quella di acquisire siti esplorativi e produttivi a basso costo d’ingresso, allo scopo di aumentarne il valore per i propri azionisti.

Le ricerche di idrocarburi saranno svolte mediante l’utilizzo di air-gun, ovvero cannoni pneumatici che sparano onde acustiche sui fondali per valutare la risposta sismica. L’air-gun, influenza con certezza il comportamento e l’attività vitale della flora e della fauna presenti nella zona di mare interessata e, in particolare, incide sui grandi cetacei, le cui rotte attraversano il basso Adriatico.

È dimostrato scientificamente che i rumori di origine antropica (come quelli provocati dall’air-gun) possono avere effetti sulla vita degli organismi marini acquatici; le specie interessate non sono solo i mammiferi marini, soggetti comunque maggiormente sensibili, ma anche pesci, tartarughe e invertebrati marini.

Nel dicembre 2009, un branco di sette capodogli maschi ha trovato la morte lungo la costa adriatica della Puglia. Tra le cause di morte non è stata esclusa la «gas and fat embolic syndrome», associata con l’esposizione diretta ad air-gun.

Inoltre, dall’inizio del 2011 ad oggi sono circa 50 i ritrovamenti di delfini morti spiaggiati lungo le coste pugliesi (come dichiarato anche dal biologo Mauro Sasso, consigliere regionale del Wwf Puglia), per cause apparentemente sconosciute, di cui 2 a Trani a giugno ed a ottobre.

Agli effetti degli air-gun vanno sommati quelli dovuti alla presenza, sui fondali del basso Adriatico, di 20.000 bombe chimiche (come risulta da un’interrogazione del 22 settembre 2004 dal senatore Franco Danieli), oltre al pericoloso carico di almeno tre dei quattro relitti affondati lungo le coste della Puglia: la nave «Eden V» arenatasi a Lesina (Foggia) nel 1988, dietro la quale si nascondono inquietanti traffici illeciti; la nave «Alessandro I», affondata nel 1991 al largo di Molfetta (Bari), trasportava 3.550 tonnellate di sostanze tossiche (dicloroetano e acrilonitrile) prodotte dall’Enichem di Gela; la nave «Lira» affondata il 25 settembre 1997 a 500 metri dal porto di Gallipoli (Lecce), il cui carico rimane sconosciuto.

Noi non conosciamo la correlazione e gli effetti che le onde sismiche prodotte dalle ispezioni con air-gun potrebbero scatenare anche a distanza sia sui residuati bellici e bombe chimiche e sia sul carico dei relitti affondati nel nostro mare, né tantomeno è stata condotta un’indagine preventiva dell’area di prospezione che potrebbe essere interessata da affondamenti di navi contenenti rifiuti pericolosi e radioisotopi da parte delle Società petrolifere.

Per non parlare poi delle centinaia di tonnellate di sostanze tossiche che un tipico pozzo esplorativo scarica durante l’arco della sua breve vita, le quali hanno effetti dannosi sulla sopravivenza di alcune specie animali e subentrano nella catena alimentare anche per un raggio di 10 chilometri dal punto di emissione.

Significativa è anche la distanza dalle nostre coste di queste prossime installazioni petrolifere. Ad esempio in tutta la costa occidentale ed orientale degli Stati Uniti vi soni i limiti di estrazioni petrolifere in mare a non meno di 160 km dalla costa, mentre in Italia, in controparte, i limiti sono a sole 5 miglia dalla costa, in una mare qual è l’adriatico che è molto più basso, molto più chiuso e di lento ricambio delle acque marine rispetto a quello che potrebbe essere l’oceano.

Da considerare le ripercussioni che le installazioni di piattaforme e trivellazioni petrolifere avranno sul settore del turismo dei comuni della costa pugliese dell’Adriatico, in barba a tutto ciò che la costa pugliese intende essere per i suoi abitanti, per il suo turismo, per le aspirazioni del suo popolo e dietro le quali ci sono anni di investimenti dei cittadini, leggi regionali per la difesa dell’ambiente e istituzioni di riserve, parchi e aree protette, in terra e in mare.

Perché le Società petrolifere straniere vengono a ricercare ed estrarre il petrolio nel nostro mare?

Come afferma il fisico D’Orsogna: «Come dichiarato candidamente dalle stesse Compagnie petrolifere, in Italia è facile fare questo tipo di business rispetto ad altre nazioni, perché i controlli sono pochi, ci sono pochi vincoli da rispettare, “sono a basso rischio politico” ed i guadagni sono molti elevati poiché ci sono pochi soldi da pagare alle comunità».

Difatti, considerando la questione economica, le bassissime percentuali di guadagno che vengono date alle popolazioni locali in cambio dell’appropriazione delle risorse dal proprio sottosuolo marino favoriscono il proliferare delle richieste di ispezioni e trivellazioni petrolifere nel mare italiano, e nello specifico nel mare della Puglia.

Mentre in Libia la percentuale di guadagno da versare alle comunità locali è del 90%, in Norvegia è del 80% e in Canada è del 60%, in Italia invece è del 4% per le estrazioni in mare. Addirittura se una compagnia petrolifera estrae petrolio al di sotto di un certo quantitativo di volume, non è tenuta a pagare assolutamente niente.
http://www.youtube.com/watch?v=nSXxkobJyjs&feature=fvsr

La «furba» società Northern Petroleum (per evitare di coinvolgere nella procedura di Verifica di Impatto Ambientale tutti gli Enti Locali ricadenti entro 12 miglia nautiche dall’area delle attività, così come previsto dal D.Lgs 128/2010), ha spostato l’area del rilevamento e ispezioni geosismiche a una distanza minima dalla costa pari a circa 15,4 miglia marine, in modo che nessun Ente Locale possa essere direttamente coinvolto nel procedimento.

A difesa del nostro territorio si segnalano le varie prese di posizione da parte: della Giunta provinciale di Foggia; dell’Assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro; del Consiglio regionale pugliese che ha varato la proposta di legge rivolta alle Camere dei Deputati e del Senato: «Divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi nelle acque del mare Adriatico, applicato anche ai procedimenti autorizzatori avviati e non conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge»; della deputata Teresa Bellanova, della senatrice Adriana Poli Bortone, dell’onorevole Anita Di Giuseppe; delle Associazioni di volontariato Ambientaliste della Bat, tra cui l’Associazione Ambiente e/è Vita Puglia Onlus – Bat di Bisceglie e le Associazioni Demetra e Folgore di Trani.

Infine va sottolineato che i nostri Ministeri continuano ad elargire permessi nonostante il Commissario europeo per l’Energia Guenther Oettinger, a seguito dell’incidente petrolifero della BP (British Petroleum) in Louisiana abbia dato precise indicazioni che, di fatto, applicano una moratoria sulle autorizzazioni alle prospezioni geosismiche e alle trivellazioni.

In considerazione di tutto ciò, le Associazioni ambientaliste Folgore e Demetra di Trani chiedono che gli Enti provinciali e comunali, i rappresentanti del mondo politico ed i cittadini pugliesi, pescatori, commercianti, operatori turistici, sindaci ed assessori all’ambiente, unitamente ai rappresentanti del mondo accademico ed ecclesiale, manifestino la propria contrarietà e presa di posizione alla presenza di infrastrutture petrolifere nei propri litorali, richiedendo una moratoria di sospensione e successivo annullamento dei permessi di ricerca già rilasciati ed il diniego a rilasciarne altri.

(Fonte Associazione di volontariato Folgore di Trani e Associazione di volontariato Demetra di Trani)